Carmelo Cozzo ... dicono di lui
Un nuovo articolo sul prof. cozzo lo trovate sul sito di Carla Colombo http://www.artecarla.it/ ed in particolare nel suo BLOG
http://lavostraarte.blogspot.com/2010/01/larte-sublime-di-carmelo-cozzo.html
Premessa
La poliedricità del carattere di Carmelo Cozzo, cosa
insita nella natura degli artisti, permette di
cogliere diversi aspetti della sua arte: ciò è
quanto si evince da questa raccolta di elementi
storico – biografici sul personaggio.
Ho preferito riportare, senza aggiungere nulla,
quanto è stato scritto sul nostro artista: articoli,
critiche, dati d’archivio, cronologia delle mostre,
lettere.
Non è stato rispettato nessun ordine cronologico
nell’esposizione dei vari brani riportati.
D’altronde, anche il Cozzo non si è mai curato, come
avrebbe dovuto fare, di annotare i fatti e gli
avvenimenti artistici della sua lunga carriera.
In queste poche pagine, dopo avere spulciato fra le
sue numerosissime carte, ho inserito solo parte di
quanto reperito.
Preciso, altresì, di non avere reso tutta la sua
copiosa produzione lirica, poiché è talmente estesa
da meritare un lavoro editoriale a parte.
Ribadisco a tale riguardo, che nell’anno 1980,
grazie al mecenatismo del Sacerdote Leone
Calambrogio e del Professor Saro Franco che hanno, a
loro volta, curato la livrea editoriale, è stato
presentato il suo libro “Anima in groviglio”,
autentica silloge poetica. La collaborazione dello
Studio 5 di Roma, nella veste dell’architetto Franco
Cattani, eseguì allora egregi disegni al fine di
illustrare le liriche stesse. Fu presentato al Club
della Stampa di Catania, dal Docente Mario Sipala
della stessa Università degli Studi e, durante
questo ristoro poetico, l’attore Magistro declamò
alcune sue liriche.
Pertanto, alcune poesie sono nel presente opuscolo
perché tassello integrante di alcune critiche. Nella
stesura di questo tascabile ho avuto modo di
conoscere, nei meandri, l’Universo dell’artista
Cozzo come mai fatto prima: è un viaggio fra anima e
corpo, colori e materia, in una spasmodica ricerca
di se stessi. Auguro al lettore le stesse emozioni.
Grazie Carmelo.
Alessandro Montalto
Pietro Viaggio, Milly Bracciante e Nino Santangelo
sono autori di molte analisi sul personaggio e sono,
indiscutibilmente, i massimi conoscitori dell’arte e
della persona di Carmelo Cozzo.
Ascoltare loro, da esperti quali sono, significa
navigare, quasi fino ai nascondigli, nel mondo del
Cozzo. L’analisi seguente fu scritta in occasione
della mostra individuale svoltasi a Bronte.
Il profilo umano e artistico
Quando mi è stato rivolto l’invito a presentare i
lavori dell’amico Carmelo Cozzo, l’ho accolto con
vivo compiacimento, perché conoscevo da tempo ed
apprezzavo l’opera dell’artista oltre che la
sensibilità e la profonda umanità dell’uomo.
Debbo dire che in realtà ho sempre seguito
l’itinerario ideologico ed estetico che lo ha
portato agli attuali esiti, caratterizzati da una
maestria figurale e eremitica, da una precisione del
segno grafico e delle campiture, che trovano pochi
riscontri nei lavori che circolano, con iperbolici e
spesso gratuiti clamori, nelle varie mostre
allestite in provincia.
Del resto il valore estetico dei suoi lavori ha
sempre riscosso unanimi consensi presso i critici,
tanto che nel settembre 1987 fu invitato ad esporre
le sue opere, insieme a quelle di Remo Brindisi, di
Bruno Cassinari, di Salvador Dalì, di Gianni Dova e
di Renato Guttuso, in occasione della “Mostra
collettiva di Maestri contemporanei”, tenuta presso
la Galleria d’Arte del “Centro Storico” di Firenze.
Da una iniziale, sofferta, produzione, echeggiante i
moduli stilistici di Egon Schiele, come ha rilevato
a suo tempo la critica del quotidiano “La Sicilia”,
Professoressa Milly Bracciante, e, a nostro avviso,
le inquietanti e mostruose figure di Francis Bacon,
specchio fedele ed insieme deformante di una umanità
sofferente e delirante, Cozzo si è via via accostato
ad una visione meno tragica del reale, ma pur sempre
drammatica, come testimonia la litografia “Figura
con secchiello”, in cui il personaggio reale,
rappresentato volutamente di spalle, rivela la pietà
dell’artista nei confronti dell’emarginato sociale.
Si può dire in proposito che questa figura segna una
specie di spartiacque tra la produzione più antica e
quella più recente, in cui il paesaggio, sereno e
rasserenante, ha sostituito il mondo allucinato ed
allucinante dei primi lavori.
La scelta del paesaggio boschivo, rappresentato con
l’amore di chi da sempre intrattiene un sincero
sodalizio con la Natura, rappresenta probabilmente
il tentativo dell’artista maturo di trascendere
l’afflizione ed il tormento che ancora lo assillano
di fronte ai mali del mondo. Ma il male, bandito
forse intenzionalmente dalla produzione pittorica,
ritorna prepotentemente nella scultura che, “inclina
al pittorico, alla sublimazione della tensione
soggettiva dell’artista”.
Ma, come spesso accade, le parole riescono
inadeguate ad esprimere il valore estetico di una
produzione varia e pregnante, e questo è soprattutto
vero per l’arte plastica e figurativa, però concludo
questa mia breve presentazione, invitandovi ad
osservare e valutare personalmente i lavori esposti
qui per cortese disponibilità della Pro Loco di
Bronte, una istituzione tradizionalmente sensibile
al discorso culturale, espressione latente di antica
e raffinata civiltà.
Tonino Petronaci
Ciò che adesso si potrà leggere è stato trascritto
da un documento pubblico d’archivio.
Dall’Archivio del Museo Storico e
Artistico
di Adrano (CT)
Egregio Professor Cozzo, nel complimentarmi per
l’evento positivo della sua Mostra nel Castello
Normanno (22 – 30 Novembre 1985) e nel ringraziarla
per aver donato alla Galleria d’Arte Contemporanea
la terracotta rivestita in foglia d’oro
(Astrazione), le preciso che la suddetta opera,
inventariata al N. 1188 del Registro Generale di
questo Ente Culturale Comunale, si trova già esposta
nel salone del IV piano di questo edificio.
Distinti saluti. 05.12.1985.
Rosario Franco, Direttore del Museo Civico di
Adrano.
Epistole
Queste sono due lettere scritte, con sapiente
capacità critica, da una signora “bergamasca”,
ammiratrice del Cozzo e indirizzate allo stesso in
riferimento all’opera inserita in copertina dal
titolo “Figura con secchiello”.
Bergamo 06. 10. 1997.
Gentile Professor Cozzo, di ritorno dalle vacanze ho
avuto da Candida il suo gradito lavoro. Il soggetto,
visto così di spalle, induce ad una minuziosa
analisi: gli abiti abbondanti ed informi, una spalla
alta e una bassa, la calvizie pretesca, il passo
della gamba sinistra molle ed un po’ strascicato.
Nella bergamasca direbbero “u poer marter”, un
povero martire, un diseredato, un povero infelice.
Ma osservandolo più attentamente, il piede destro è
ben piantato sul terreno, la mano destra è sformata,
ma vigorosa; la tasca è rigonfia, piccole
cianfrusaglie forse, ma per lui preziose. Attorno a
lui nulla, ma lui senza timore va avanti col suo
secchiello e non dispera di riempirlo.
Lei è riuscito a dare al suo soggetto tale dignità
nel suo cammino determinato e fiducioso, che colgo
un messaggio morale che mi commuove. Mi fa venire in
mente il discorso della montagna di Gesù sulle
beatitudini dal Vangelo di Matteo.
La ringrazio ancora, sperando di conoscerla di
persona con la signora, a cui auguro ogni bene.
Cordialmente
Clara Piacentini
Bergamo 12. 02. 1997.
Egregio Professore, sono un’amica di Candida e
volevo ringraziarla, unitamente a mio marito, per la
bellissima litografia a ricordo del matrimonio di
suo figlio. La sua mano d’artista ha colto e fissato
in modo suggestivo un angolo di questa nostra schiva
terra lombarda…
Se verrà a Sarnico, potrà visitare la deliziosa
Montisola, dove qui certamente, Professore, troverà
tante immagini ancora autentiche di bellezza e vita
quotidiana. Se capiterà l’occasione di conoscerci ne
avrò molto piacere.
Cordialmente
Clara Piacentini
Intermezzo critico
Personale presso il Castello Normanno di Adrano (CT)
presentata dal critico d’arte Milly Bracciante: “le
opere tormentate, sofferte, nella ricerca tra luce e
ombra, massa e vuoto, volume e spazio di Carmelo
Cozzo possono leggersi come coscienza sofferta dello
star dentro alla realtà delle cose”.
“L’opera di Carmelo Cozzo è la ribellione del Mite
fra le pareti della sua bottega”.
Giuseppe Giordano
Carmelo Cozzo:
tormento esistenziale
Il tormento esistenziale, avvertibile nelle sculture
di Carmelo Cozzo – che privilegia soggetti
drammatici, desunti da una sofferta capacità
ricognitiva dell’esistente – scaturisce
evidentemente da una romantica SPALTUNG tra reale ed
ideale, personalmente vissuta nella sua disperante
polarità, ma ideologicamente composta nella
cristallizzazione figurale delle peculiarità
tipologiche dell’uomo.
Da qui, come osserva felicemente Milly Bracciante “i
piani strutturali delle masse (che) a volte
s’increspano, a volte si svolgono in sinuose volute,
a volte si spezzano repentinamente, permettono alla
luce di creare effetti chiaroscurali e pittorici
molto intensi”.
Pippo Rizza
Carmelo Cozzo alla “Vernissage”
Alla galleria d’arte “Vernissage” la pittura, ma
soprattutto la scultura di Carmelo Cozzo sembra
raccogliere e tradurre nei suoi incisivi tratti, le
forze e le verità laceranti dell’esistere. Quello
che Carmelo Cozzo esprime nelle sue opere è lo
stesso travaglio interiore che diventa leggibile
nelle immagini del grande maestro tedesco Egon
Schiele.
Anche in Carmelo Cozzo il sogno sembra farsi incubo
e da ciò i suoi figuranti abnormi ed ironici, i suoi
personaggi fantasmi e la sua scultura che denunciano
il pathos della lacerazione interiore e del martirio
della carne nello scarnificarsi della figura, nella
mimica spezzata tra luci ed ombre, nella armonicità
contorta come in un crampo, nel linearismo
strutturale e nervoso, nel ritmo ossessivo del segno
che si fa musica, nella secchezza angolosa dei
contorni e dei lineamenti, nello spasmo dei muscoli
che diventa forza dirompente, grido di dolore,
lamento sottile che nasce dal profondo.
Milly Bracciante
Dal quotidiano “La Sicilia”.
Nelle opere di Carmelo Cozzo, e particolarmente
nelle singolari sculture, che il travaglio dei
contrasti della natura e del vivere hanno fatto
partorire, è leggibbile una scelta cromatica, una
tensione compositiva dei corpi e del giuoco ripetuto
di luci ed ombre, come a riproporre un’alternanza
più equilibrata e più efficace, come a trasmettere
progetti di sogni, speranze di vita.
Milly Bracciante
Commento critico in occasione
della Mostra personale di Bronte (CT)
La tavolozza di Carmelo Cozzo,
varia e ricca di tonalità cromatiche, i cui colori
freddi ed opachi si fondono in mirabile simbiosi tra
le raffigurazioni distorte e tormentate della sua
produzione artistica, esprime una tematica non
nuova, ma rivissuta con interiore partecipazione, si
libra in una dimensione surreale venata di dolore e
talvolta di sofferto rimpianto.
Una pittura autobiografica, non nel senso di una
ripetitività di esperienze trascorse, ma compimento
di uno stato d’animo che avverte la sofferenza
dell’uomo e la riesprime artisticamente con immagini
dissolte e congestionate in una deformazione
dissacratoria.
Questa rappresentazione della natura umana, guastata
dal vizio e dall’ingiustizia, culmina nel massimo di
espressività nella statuaria, in cui il gioco delle
masse, trattate con sapiente maestria dell’artista,
riesce a plastificare le astratte ed impalpabili
violazioni delle regole etiche, che dovrebbero
presiedere e governare le relazioni umane. La
dimensione espressiva dell’artista in qualche opera
raggiunge effetti di catarsi liberatoria,
accomunando la sofferenza degli animali a quella
dell’uomo in una visione globale della natura nelle
sue creature.
Nell’opera dell’artista il pessimismo si stempera
allorché tratta temi paesaggistici. I colori si
ravvivano, si fanno più caldi e coinvolgenti ed il
poeta si immerge in un abbraccio affettuoso con il
mondo circostante.
Tonino Petronaci
Mostra personale – Randazzo (CT)
19.03.1994
Chi è Carmelo Cozzo?
A CURA DI MILLY BRACCIANTE
Nel momento di disordine morale e materiale che
stiamo attraversando, mentre le indagini su
Tangentopoli non finiscono di sbalordire,
dimostrando che la corruzione era diventata nel
nostro paese abitudine e costume a tutti i livelli;
in quello che una volta romanticamente veniva
considerato “un paese di poeti, di santi e di
navigatori”, sembrano essere rimasti soltanto i
poeti, nonché gli artisti a ritagliarsi un’oasi dove
il possibile lontani rimangano gli echi di quanto
avviene di turpe nel mondo.
Isola, dunque, nel deserto di valori che ci
sommerge, l’arte si adopera a trasfigurare la realtà
nell’intento di offrircene una visione purificata e
gratificante, capace di soddisfare globalmente più
che il corpo, lo spirito di chi dell’opera d’arte sa
fruire. Ed in siffatta operazione, l’arte, quando
realmente può chiamarsi tale, non è mera
esercitazione pittorica. Essa, più che mirare al
perfetto ed al bello estetico percepibile dai sensi
che sono soggettivi e quindi fallibili e relativi,
mira all’essenza del bello, cioè al vero; a quella
verità che è dell’anima e che universalizzandosi si
fa anche verità dell’intelletto.
L’opera d’arte che riesce a concettualizzare l’idea
del bello e del vero diventa, allora, efficace mezzo
espressivo di verità. E’ sul piano della capacità di
concettualizzare il vero che vanno inserite le opere
di Carmelo Cozzo, un’artista alla perenne ricerca
del mezzo e del segno che meglio possa riuscire ad
esprimere l’intima verità della sua intuizione
artistica. Seguo il percorso creativo di Carmelo
Cozzo da diversi anni; ho visto realizzarsi i suoi
lavori in ceramica, bassorilievi e figure umane di
forte resa espressionistica, corpi vibranti di
tensione, carichi di sofferenza, tormentati dalle
passioni; ho seguito i suoi impegnati lavori di
restauro su affreschi pregevoli, le sue tecniche
sperimentali, ho avuto modo di osservare in mostre
personali e collettive i suoi disegni di china, le
tempere, gli oli, le sue più recenti sperimentazioni
di preparazione di base per l’affresco.
Carmelo Cozzo è un vulcano di idee in fatto di
espressioni e tecniche artistiche ed i suoi impasti,
le sue terracotte hanno sempre un segreto in più per
essere nuovi e diversi. Ma esiste un filo comune che
lega insieme tutte le svariate espressioni creative
di questo nostro alacre artista; la capacità di
raccogliere la tensione vitale dell’uomo e farne
palpito vivente per le sue opere. Una tensione che è
leggibile nei volti e nei corpi, che dilata le
immagini e le rende vive, le personalizza ed è
capace di trasmettersi anche al paesaggio che fa da
contrappunto con la sua quiete apparente, con la sua
compostezza cromatica in cui tuttavia non mancano,
come pronti ad esplodere, bagliori di luci
improvvise, accesi e provocatori contrasti tonali
che si riconducono, al di là dell’impassibile
serenità leopardiana della natura, alla persistente,
tenace, sofferenza umana.
Carmelo Cozzo: maestro d’Arte !
A CURA DI PIETRO VIAGGIO
Già appassionato ricercatore di memorie storiche,
insieme al compianto amico dottor Piscione, nel
territorio adranita, ricco di significative tracce
antiche, Carmelo Cozzo esprime il suo squisito gusto
artistico in tempi pressoché bui alla locale
sensibilità di massa. La sua attività didattica e
professionale diviene lo strumento pedagogico per
stimolare i giovani alla ricerca di potenziali
contenuti espressivi, che giungeranno a
caratterizzare, di certo, una generazione di giovani
artisti adraniti. L’elenco degli allievi, enfant
prodigio, di Carmelo Cozzo sarebbe lungo da farsi: a
me va solo di citare gli allievi Carmelo Milone e
Angelo Zignale, che portatori del messaggio del
maestro, ne elaborano le tematiche e le tecniche,
giungendo a virtuosismi sia in campo grafico che
pittorico e scultoreo.
Pur essendo a volte arduo, per un curioso d’arte
come lo scrivente, giungere “umilmente” a penetrare
il portato espressivo complessivo di un’artista, di
ottimo livello e vigore, come Carmelo Cozzo e
approcciarmi alla formulazione dei denominatori
impressi nel segno manifestato, dalla mia personale
condizione di peregrinus, indagando nel multiforme
suo atollo artistico, non mi è stato difficile
cogliere una varietà di contenuti intimistici, di
non semplice lettura. Le principali tematiche,
attorno a cui si enucleano e differenziano le
tipologie espressive e i contenuti più profondi, si
colgono rispettivamente nel forte richiamo
contemplativo di una natura e di un paesaggio
siciliano – mediterraneo con tutta la sua ancestrale
solarità e nella multiforme vivacità di un pathos,
scandito dai ritmi di un’anima sibilante e vibratile
che solca la materia e le imprime forme inconsuete,
financo allo stesso teatro del pathos di Terenzio,
il sublimatore della psicologia dei personaggi
classici, che calcano ripetitivamente la scena
plautina con aliti di pensiero frastornanti.
Ne scaturiscono nel primo caso i paesaggi idilliaci,
fissati nella memoria e satinati da collaudate
quanto sorprendenti tecniche pittoriche con i tratti
dell’affresco classico, che conferiscono ai temi
naturalistici trattati patine edulcerate di
sentimentalismi, diapason di echi greculi e
misteriosi, quasi orfismi dell’anima, stupefatto da
tanta originalità… Tensioni placide e distese che
vengono rapite e annullate da misteriose quanto
equivoche metamorfosi di stato che si ripropongono
in una ricca ed elaboratissima tridimensionale
retorica che formula i suoi concetti nella statuaria
del maestro.
Ricche articolazioni di vuoti e pieni conferiscono
all’insieme delle opere trasfigurazioni dagli
effetti lancinanti ed inerpicantesi sul filo sottile
di un immaginifico creativo, dove lo spazio è
dilatato in un nuovo plasma coerente. Un ponte
ideale sembra sillabare un poema interiore in cui la
recita è affidata a figurazioni elaborate da un Io
in tensione espansa. Suggestione emotiva che sembra
essere fissata drammaticamente, ma con distacco
operativo, dualistico per una forte personalità qual
è Carmelo Cozzo, nel sorprendente ed insolito
personaggio della Testa di Bue, espressione di un
raptus metafisico che trova riscontri nella
consonanza interiore dell’artista, capace così di
soffrire e fare propria la violenza che si è
abbattuta sull’animale ed evocarla come attributo
perduto di una umanità privata dalla carica positiva
di ogni valenza vitale. Espressione quest’ultima che
salda intimamente, telluricamente e
naturalisticamente gli affiati di un’anima che nello
stupore del trauma trova la via per lanciare
messaggi, quasi codificati, allo spettatore delle
sue tele.
Sapienti giochi chiaroscurali, resi con plastica
maestria, accompagnano una sovrabbondante produzione
artistica ed esprimono altrettanti stati d’animo
dell’artista, imponderabili della loro
trasfigurazione materica, ma nello stesso tempo,
semantemi di un’anima tormentata da vicende proprie,
connotata da un pathos vissuto in tutte le sue, a
volte, inspiegabili varianti.
L’universo linguistico di Carmelo Cozzo, lungi
dall’esaurirsi nelle mie poche, personalissime
considerazioni, andrebbe indagato in ogni sua
componente, andrebbe colto in tutte le sue
formulazioni e piegato all’esigenza di un
inquadramento più globale, oltre che ad una analisi
più diretta e multimediale.
Di certo il profilo artistico del Maestro ne
uscirebbe notevolmente più arricchito e soprattutto
se ne avvantaggerebbe il contesto sociale adranita
che lo ha espresso. Una valutazione obbiettiva ed
asettica, al di fuori delle comparazioni, che un
ambiente campanilista, usa esprimere per propria
congenita insufficienza, carico di limiti
obbiettivi, metterebbe nella giusta luce il Maestro
e la sua straordinaria attività artistica.
“Sono un assiduo frequentatore di gallerie d’arte; amo l’arte ma non so dipingere. Oggi mi ritengo fortunato d’avere conosciuto ed apprezzato questo artista siciliano, che sicuramente fa onore alla sua terra. Sono rimasto incantato dalla sua umiltà (rara dote negli artisti!) e grato dell’amicizia di cui, sinceramente, mi onora. Il maestro Cozzo conosce molto bene il mestiere, è un poliedrico ed un alchimista, e lo dimostra nelle numerose tecniche adottate per la realizzazione delle sue opere; inchiostri, acquerelli, oli, terrecotte, ceramiche, argenti, bronzi ed altri ancora. Sono rimasto soprattutto colpito dalla nuova tecnica sperimentata e adottata nell’esecuzione dell’Affresco – Ceramica. In alcune opere del maestro, soprattutto nelle sculture, si nota un certo pessimismo; Egli sa esprimere appieno, con sapiente maestria, il dramma della vita, così come si evidenzia anche dalle poche poesie inserite nel curriculum. A differenza dei numerosi paesaggi nei quali esprime la gioia, il colore e il calore innato della gente di Sicilia. Maestro… a quanto la prossima mostra in Milano? Ritengo di avere detto molto poco per descrivere l’arte del personaggio che è l’artista, Maestro, Carmelo Cozzo.
Dario Filiberto Milano, 10 Maggio 2004.
A Milano, nella Sala Olimpia della Galleria Artecultura, si è presentato il poliedrico artista siciliano Carmelo Cozzo di Adrano (pittore, scultore, poeta, grafico, ceramista). Una profonda ermeticità e un esaltante mestiere scaturiscono dalle sue opere. Le sue immagini rivelano il cuore della vita e il mistero della natura. Carmelo Cozzo ha dato un senso al mondo e alla sua esistenza come fa ogni vero artista.
Pedro Fiori, scrittore, poeta e critico d’arte. Milano, 23 Giugno 2004.