Carmelo Cozzo ...  dicono di lui

Un nuovo articolo sul prof. cozzo lo trovate sul sito di Carla Colombo http://www.artecarla.it/  ed in particolare nel suo BLOG  

http://lavostraarte.blogspot.com/2010/01/larte-sublime-di-carmelo-cozzo.html

 

Premessa


La poliedricità del carattere di Carmelo Cozzo, cosa insita nella natura degli artisti, permette di cogliere diversi aspetti della sua arte: ciò è quanto si evince da questa raccolta di elementi storico – biografici sul personaggio.
Ho preferito riportare, senza aggiungere nulla, quanto è stato scritto sul nostro artista: articoli, critiche, dati d’archivio, cronologia delle mostre, lettere.
Non è stato rispettato nessun ordine cronologico nell’esposizione dei vari brani riportati. D’altronde, anche il Cozzo non si è mai curato, come avrebbe dovuto fare, di annotare i fatti e gli avvenimenti artistici della sua lunga carriera.
In queste poche pagine, dopo avere spulciato fra le sue numerosissime carte, ho inserito solo parte di quanto reperito.
Preciso, altresì, di non avere reso tutta la sua copiosa produzione lirica, poiché è talmente estesa da meritare un lavoro editoriale a parte.
Ribadisco a tale riguardo, che nell’anno 1980, grazie al mecenatismo del Sacerdote Leone Calambrogio e del Professor Saro Franco che hanno, a loro volta, curato la livrea editoriale, è stato presentato il suo libro “Anima in groviglio”, autentica silloge poetica. La collaborazione dello Studio 5 di Roma, nella veste dell’architetto Franco Cattani, eseguì allora egregi disegni al fine di illustrare le liriche stesse. Fu presentato al Club della Stampa di Catania, dal Docente Mario Sipala della stessa Università degli Studi e, durante questo ristoro poetico, l’attore Magistro declamò alcune sue liriche.
Pertanto, alcune poesie sono nel presente opuscolo perché tassello integrante di alcune critiche. Nella stesura di questo tascabile ho avuto modo di conoscere, nei meandri, l’Universo dell’artista Cozzo come mai fatto prima: è un viaggio fra anima e corpo, colori e materia, in una spasmodica ricerca di se stessi. Auguro al lettore le stesse emozioni. Grazie Carmelo.

Alessandro Montalto




Pietro Viaggio, Milly Bracciante e Nino Santangelo sono autori di molte analisi sul personaggio e sono, indiscutibilmente, i massimi conoscitori dell’arte e della persona di Carmelo Cozzo.
Ascoltare loro, da esperti quali sono, significa navigare, quasi fino ai nascondigli, nel mondo del Cozzo. L’analisi seguente fu scritta in occasione della mostra individuale svoltasi a Bronte.




Il profilo umano e artistico


Quando mi è stato rivolto l’invito a presentare i lavori dell’amico Carmelo Cozzo, l’ho accolto con vivo compiacimento, perché conoscevo da tempo ed apprezzavo l’opera dell’artista oltre che la sensibilità e la profonda umanità dell’uomo.
Debbo dire che in realtà ho sempre seguito l’itinerario ideologico ed estetico che lo ha portato agli attuali esiti, caratterizzati da una maestria figurale e eremitica, da una precisione del segno grafico e delle campiture, che trovano pochi riscontri nei lavori che circolano, con iperbolici e spesso gratuiti clamori, nelle varie mostre allestite in provincia.
Del resto il valore estetico dei suoi lavori ha sempre riscosso unanimi consensi presso i critici, tanto che nel settembre 1987 fu invitato ad esporre le sue opere, insieme a quelle di Remo Brindisi, di Bruno Cassinari, di Salvador Dalì, di Gianni Dova e di Renato Guttuso, in occasione della “Mostra collettiva di Maestri contemporanei”, tenuta presso la Galleria d’Arte del “Centro Storico” di Firenze.
Da una iniziale, sofferta, produzione, echeggiante i moduli stilistici di Egon Schiele, come ha rilevato a suo tempo la critica del quotidiano “La Sicilia”, Professoressa Milly Bracciante, e, a nostro avviso, le inquietanti e mostruose figure di Francis Bacon, specchio fedele ed insieme deformante di una umanità sofferente e delirante, Cozzo si è via via accostato ad una visione meno tragica del reale, ma pur sempre drammatica, come testimonia la litografia “Figura con secchiello”, in cui il personaggio reale, rappresentato volutamente di spalle, rivela la pietà dell’artista nei confronti dell’emarginato sociale.
Si può dire in proposito che questa figura segna una specie di spartiacque tra la produzione più antica e quella più recente, in cui il paesaggio, sereno e rasserenante, ha sostituito il mondo allucinato ed allucinante dei primi lavori.
La scelta del paesaggio boschivo, rappresentato con l’amore di chi da sempre intrattiene un sincero sodalizio con la Natura, rappresenta probabilmente il tentativo dell’artista maturo di trascendere l’afflizione ed il tormento che ancora lo assillano di fronte ai mali del mondo. Ma il male, bandito forse intenzionalmente dalla produzione pittorica, ritorna prepotentemente nella scultura che, “inclina al pittorico, alla sublimazione della tensione soggettiva dell’artista”.
Ma, come spesso accade, le parole riescono inadeguate ad esprimere il valore estetico di una produzione varia e pregnante, e questo è soprattutto vero per l’arte plastica e figurativa, però concludo questa mia breve presentazione, invitandovi ad osservare e valutare personalmente i lavori esposti qui per cortese disponibilità della Pro Loco di Bronte, una istituzione tradizionalmente sensibile al discorso culturale, espressione latente di antica e raffinata civiltà.

Tonino Petronaci




Ciò che adesso si potrà leggere è stato trascritto da un documento pubblico d’archivio.


Dall’Archivio del Museo Storico e Artistico
di Adrano (CT)


Egregio Professor Cozzo, nel complimentarmi per l’evento positivo della sua Mostra nel Castello Normanno (22 – 30 Novembre 1985) e nel ringraziarla per aver donato alla Galleria d’Arte Contemporanea la terracotta rivestita in foglia d’oro (Astrazione), le preciso che la suddetta opera, inventariata al N. 1188 del Registro Generale di questo Ente Culturale Comunale, si trova già esposta nel salone del IV piano di questo edificio.
Distinti saluti. 05.12.1985.

Rosario Franco, Direttore del Museo Civico di Adrano.





Epistole


Queste sono due lettere scritte, con sapiente capacità critica, da una signora “bergamasca”, ammiratrice del Cozzo e indirizzate allo stesso in riferimento all’opera inserita in copertina dal titolo “Figura con secchiello”.



Bergamo 06. 10. 1997.

Gentile Professor Cozzo, di ritorno dalle vacanze ho avuto da Candida il suo gradito lavoro. Il soggetto, visto così di spalle, induce ad una minuziosa analisi: gli abiti abbondanti ed informi, una spalla alta e una bassa, la calvizie pretesca, il passo della gamba sinistra molle ed un po’ strascicato.
Nella bergamasca direbbero “u poer marter”, un povero martire, un diseredato, un povero infelice. Ma osservandolo più attentamente, il piede destro è ben piantato sul terreno, la mano destra è sformata, ma vigorosa; la tasca è rigonfia, piccole cianfrusaglie forse, ma per lui preziose. Attorno a lui nulla, ma lui senza timore va avanti col suo secchiello e non dispera di riempirlo.
Lei è riuscito a dare al suo soggetto tale dignità nel suo cammino determinato e fiducioso, che colgo un messaggio morale che mi commuove. Mi fa venire in mente il discorso della montagna di Gesù sulle beatitudini dal Vangelo di Matteo.
La ringrazio ancora, sperando di conoscerla di persona con la signora, a cui auguro ogni bene.
Cordialmente
Clara Piacentini




Bergamo 12. 02. 1997.

Egregio Professore, sono un’amica di Candida e volevo ringraziarla, unitamente a mio marito, per la bellissima litografia a ricordo del matrimonio di suo figlio. La sua mano d’artista ha colto e fissato in modo suggestivo un angolo di questa nostra schiva terra lombarda…
Se verrà a Sarnico, potrà visitare la deliziosa Montisola, dove qui certamente, Professore, troverà tante immagini ancora autentiche di bellezza e vita quotidiana. Se capiterà l’occasione di conoscerci ne avrò molto piacere.
Cordialmente
Clara Piacentini




Intermezzo critico


Personale presso il Castello Normanno di Adrano (CT) presentata dal critico d’arte Milly Bracciante: “le opere tormentate, sofferte, nella ricerca tra luce e ombra, massa e vuoto, volume e spazio di Carmelo Cozzo possono leggersi come coscienza sofferta dello star dentro alla realtà delle cose”.



“L’opera di Carmelo Cozzo è la ribellione del Mite fra le pareti della sua bottega”.
Giuseppe Giordano



Carmelo Cozzo:
tormento esistenziale


Il tormento esistenziale, avvertibile nelle sculture di Carmelo Cozzo – che privilegia soggetti drammatici, desunti da una sofferta capacità ricognitiva dell’esistente – scaturisce evidentemente da una romantica SPALTUNG tra reale ed ideale, personalmente vissuta nella sua disperante polarità, ma ideologicamente composta nella cristallizzazione figurale delle peculiarità tipologiche dell’uomo.
Da qui, come osserva felicemente Milly Bracciante “i piani strutturali delle masse (che) a volte s’increspano, a volte si svolgono in sinuose volute, a volte si spezzano repentinamente, permettono alla luce di creare effetti chiaroscurali e pittorici molto intensi”.

Pippo Rizza

Carmelo Cozzo alla “Vernissage”


Alla galleria d’arte “Vernissage” la pittura, ma soprattutto la scultura di Carmelo Cozzo sembra raccogliere e tradurre nei suoi incisivi tratti, le forze e le verità laceranti dell’esistere. Quello che Carmelo Cozzo esprime nelle sue opere è lo stesso travaglio interiore che diventa leggibile nelle immagini del grande maestro tedesco Egon Schiele.
Anche in Carmelo Cozzo il sogno sembra farsi incubo e da ciò i suoi figuranti abnormi ed ironici, i suoi personaggi fantasmi e la sua scultura che denunciano il pathos della lacerazione interiore e del martirio della carne nello scarnificarsi della figura, nella mimica spezzata tra luci ed ombre, nella armonicità contorta come in un crampo, nel linearismo strutturale e nervoso, nel ritmo ossessivo del segno che si fa musica, nella secchezza angolosa dei contorni e dei lineamenti, nello spasmo dei muscoli che diventa forza dirompente, grido di dolore, lamento sottile che nasce dal profondo.

Milly Bracciante
Dal quotidiano “La Sicilia”.



Nelle opere di Carmelo Cozzo, e particolarmente nelle singolari sculture, che il travaglio dei contrasti della natura e del vivere hanno fatto partorire, è leggibbile una scelta cromatica, una tensione compositiva dei corpi e del giuoco ripetuto di luci ed ombre, come a riproporre un’alternanza più equilibrata e più efficace, come a trasmettere progetti di sogni, speranze di vita.
Milly Bracciante


Commento critico in occasione della Mostra personale di Bronte (CT)

La tavolozza di Carmelo Cozzo, varia e ricca di tonalità cromatiche, i cui colori freddi ed opachi si fondono in mirabile simbiosi tra le raffigurazioni distorte e tormentate della sua produzione artistica, esprime una tematica non nuova, ma rivissuta con interiore partecipazione, si libra in una dimensione surreale venata di dolore e talvolta di sofferto rimpianto.
Una pittura autobiografica, non nel senso di una ripetitività di esperienze trascorse, ma compimento di uno stato d’animo che avverte la sofferenza dell’uomo e la riesprime artisticamente con immagini dissolte e congestionate in una deformazione dissacratoria.
Questa rappresentazione della natura umana, guastata dal vizio e dall’ingiustizia, culmina nel massimo di espressività nella statuaria, in cui il gioco delle masse, trattate con sapiente maestria dell’artista, riesce a plastificare le astratte ed impalpabili violazioni delle regole etiche, che dovrebbero presiedere e governare le relazioni umane. La dimensione espressiva dell’artista in qualche opera raggiunge effetti di catarsi liberatoria, accomunando la sofferenza degli animali a quella dell’uomo in una visione globale della natura nelle sue creature.
Nell’opera dell’artista il pessimismo si stempera allorché tratta temi paesaggistici. I colori si ravvivano, si fanno più caldi e coinvolgenti ed il poeta si immerge in un abbraccio affettuoso con il mondo circostante.

Tonino Petronaci


Mostra personale – Randazzo (CT) 19.03.1994
Chi è Carmelo Cozzo?


A CURA DI MILLY BRACCIANTE

Nel momento di disordine morale e materiale che stiamo attraversando, mentre le indagini su Tangentopoli non finiscono di sbalordire, dimostrando che la corruzione era diventata nel nostro paese abitudine e costume a tutti i livelli; in quello che una volta romanticamente veniva considerato “un paese di poeti, di santi e di navigatori”, sembrano essere rimasti soltanto i poeti, nonché gli artisti a ritagliarsi un’oasi dove il possibile lontani rimangano gli echi di quanto avviene di turpe nel mondo.
Isola, dunque, nel deserto di valori che ci sommerge, l’arte si adopera a trasfigurare la realtà nell’intento di offrircene una visione purificata e gratificante, capace di soddisfare globalmente più che il corpo, lo spirito di chi dell’opera d’arte sa fruire. Ed in siffatta operazione, l’arte, quando realmente può chiamarsi tale, non è mera esercitazione pittorica. Essa, più che mirare al perfetto ed al bello estetico percepibile dai sensi che sono soggettivi e quindi fallibili e relativi, mira all’essenza del bello, cioè al vero; a quella verità che è dell’anima e che universalizzandosi si fa anche verità dell’intelletto.
L’opera d’arte che riesce a concettualizzare l’idea del bello e del vero diventa, allora, efficace mezzo espressivo di verità. E’ sul piano della capacità di concettualizzare il vero che vanno inserite le opere di Carmelo Cozzo, un’artista alla perenne ricerca del mezzo e del segno che meglio possa riuscire ad esprimere l’intima verità della sua intuizione artistica. Seguo il percorso creativo di Carmelo Cozzo da diversi anni; ho visto realizzarsi i suoi lavori in ceramica, bassorilievi e figure umane di forte resa espressionistica, corpi vibranti di tensione, carichi di sofferenza, tormentati dalle passioni; ho seguito i suoi impegnati lavori di restauro su affreschi pregevoli, le sue tecniche sperimentali, ho avuto modo di osservare in mostre personali e collettive i suoi disegni di china, le tempere, gli oli, le sue più recenti sperimentazioni di preparazione di base per l’affresco.
Carmelo Cozzo è un vulcano di idee in fatto di espressioni e tecniche artistiche ed i suoi impasti, le sue terracotte hanno sempre un segreto in più per essere nuovi e diversi. Ma esiste un filo comune che lega insieme tutte le svariate espressioni creative di questo nostro alacre artista; la capacità di raccogliere la tensione vitale dell’uomo e farne palpito vivente per le sue opere. Una tensione che è leggibile nei volti e nei corpi, che dilata le immagini e le rende vive, le personalizza ed è capace di trasmettersi anche al paesaggio che fa da contrappunto con la sua quiete apparente, con la sua compostezza cromatica in cui tuttavia non mancano, come pronti ad esplodere, bagliori di luci improvvise, accesi e provocatori contrasti tonali che si riconducono, al di là dell’impassibile serenità leopardiana della natura, alla persistente, tenace, sofferenza umana.


Carmelo Cozzo: maestro d’Arte !

A CURA DI PIETRO VIAGGIO


Già appassionato ricercatore di memorie storiche, insieme al compianto amico dottor Piscione, nel territorio adranita, ricco di significative tracce antiche, Carmelo Cozzo esprime il suo squisito gusto artistico in tempi pressoché bui alla locale sensibilità di massa. La sua attività didattica e professionale diviene lo strumento pedagogico per stimolare i giovani alla ricerca di potenziali contenuti espressivi, che giungeranno a caratterizzare, di certo, una generazione di giovani artisti adraniti. L’elenco degli allievi, enfant prodigio, di Carmelo Cozzo sarebbe lungo da farsi: a me va solo di citare gli allievi Carmelo Milone e Angelo Zignale, che portatori del messaggio del maestro, ne elaborano le tematiche e le tecniche, giungendo a virtuosismi sia in campo grafico che pittorico e scultoreo.
Pur essendo a volte arduo, per un curioso d’arte come lo scrivente, giungere “umilmente” a penetrare il portato espressivo complessivo di un’artista, di ottimo livello e vigore, come Carmelo Cozzo e approcciarmi alla formulazione dei denominatori impressi nel segno manifestato, dalla mia personale condizione di peregrinus, indagando nel multiforme suo atollo artistico, non mi è stato difficile cogliere una varietà di contenuti intimistici, di non semplice lettura. Le principali tematiche, attorno a cui si enucleano e differenziano le tipologie espressive e i contenuti più profondi, si colgono rispettivamente nel forte richiamo contemplativo di una natura e di un paesaggio siciliano – mediterraneo con tutta la sua ancestrale solarità e nella multiforme vivacità di un pathos, scandito dai ritmi di un’anima sibilante e vibratile che solca la materia e le imprime forme inconsuete, financo allo stesso teatro del pathos di Terenzio, il sublimatore della psicologia dei personaggi classici, che calcano ripetitivamente la scena plautina con aliti di pensiero frastornanti.
Ne scaturiscono nel primo caso i paesaggi idilliaci, fissati nella memoria e satinati da collaudate quanto sorprendenti tecniche pittoriche con i tratti dell’affresco classico, che conferiscono ai temi naturalistici trattati patine edulcerate di sentimentalismi, diapason di echi greculi e misteriosi, quasi orfismi dell’anima, stupefatto da tanta originalità… Tensioni placide e distese che vengono rapite e annullate da misteriose quanto equivoche metamorfosi di stato che si ripropongono in una ricca ed elaboratissima tridimensionale retorica che formula i suoi concetti nella statuaria del maestro.
Ricche articolazioni di vuoti e pieni conferiscono all’insieme delle opere trasfigurazioni dagli effetti lancinanti ed inerpicantesi sul filo sottile di un immaginifico creativo, dove lo spazio è dilatato in un nuovo plasma coerente. Un ponte ideale sembra sillabare un poema interiore in cui la recita è affidata a figurazioni elaborate da un Io in tensione espansa. Suggestione emotiva che sembra essere fissata drammaticamente, ma con distacco operativo, dualistico per una forte personalità qual è Carmelo Cozzo, nel sorprendente ed insolito personaggio della Testa di Bue, espressione di un raptus metafisico che trova riscontri nella consonanza interiore dell’artista, capace così di soffrire e fare propria la violenza che si è abbattuta sull’animale ed evocarla come attributo perduto di una umanità privata dalla carica positiva di ogni valenza vitale. Espressione quest’ultima che salda intimamente, telluricamente e naturalisticamente gli affiati di un’anima che nello stupore del trauma trova la via per lanciare messaggi, quasi codificati, allo spettatore delle sue tele.
Sapienti giochi chiaroscurali, resi con plastica maestria, accompagnano una sovrabbondante produzione artistica ed esprimono altrettanti stati d’animo dell’artista, imponderabili della loro trasfigurazione materica, ma nello stesso tempo, semantemi di un’anima tormentata da vicende proprie, connotata da un pathos vissuto in tutte le sue, a volte, inspiegabili varianti.
L’universo linguistico di Carmelo Cozzo, lungi dall’esaurirsi nelle mie poche, personalissime considerazioni, andrebbe indagato in ogni sua componente, andrebbe colto in tutte le sue formulazioni e piegato all’esigenza di un inquadramento più globale, oltre che ad una analisi più diretta e multimediale.
Di certo il profilo artistico del Maestro ne uscirebbe notevolmente più arricchito e soprattutto se ne avvantaggerebbe il contesto sociale adranita che lo ha espresso. Una valutazione obbiettiva ed asettica, al di fuori delle comparazioni, che un ambiente campanilista, usa esprimere per propria congenita insufficienza, carico di limiti obbiettivi, metterebbe nella giusta luce il Maestro e la sua straordinaria attività artistica.

“Sono un assiduo frequentatore di gallerie d’arte; amo l’arte ma non so dipingere. Oggi mi ritengo fortunato d’avere conosciuto ed apprezzato questo artista siciliano, che sicuramente fa onore alla sua terra. Sono rimasto incantato dalla sua umiltà (rara dote negli artisti!) e grato dell’amicizia di cui, sinceramente, mi onora. Il maestro Cozzo conosce molto bene il mestiere, è un poliedrico ed un alchimista, e lo dimostra nelle numerose tecniche adottate per la realizzazione delle sue opere; inchiostri, acquerelli, oli, terrecotte, ceramiche, argenti, bronzi ed altri ancora. Sono rimasto soprattutto colpito dalla nuova tecnica sperimentata e adottata nell’esecuzione dell’Affresco – Ceramica. In alcune opere del maestro, soprattutto nelle sculture, si nota un certo pessimismo; Egli sa esprimere appieno, con sapiente maestria, il dramma della vita, così come si evidenzia anche dalle poche poesie inserite nel curriculum. A differenza dei numerosi paesaggi nei quali esprime la gioia, il colore e il calore innato della gente di Sicilia. Maestro… a quanto la prossima mostra in Milano? Ritengo di avere detto molto poco per descrivere l’arte del personaggio che è l’artista, Maestro, Carmelo Cozzo.

Dario Filiberto Milano, 10 Maggio 2004.

 

 

A Milano, nella Sala Olimpia della Galleria Artecultura, si è presentato il poliedrico artista siciliano Carmelo Cozzo di Adrano (pittore, scultore, poeta, grafico, ceramista). Una profonda ermeticità e un esaltante mestiere scaturiscono dalle sue opere. Le sue immagini rivelano il cuore della vita e il mistero della natura. Carmelo Cozzo ha dato un senso al mondo e alla sua esistenza come fa ogni vero artista.

Pedro Fiori, scrittore, poeta e critico d’arte. Milano, 23 Giugno 2004.

 

Nino Santangelo e Carmelo Cozzo

Il Professor Nino Santangelo, nel suo libro “Adrano. Storia – Religione – Democrazia (nel contesto storico della Sicilia)”, edito da Esiodo (1994), tratta, approfonditamente, la figura di Carmelo Cozzo. Di lui scrive: «Si tratta di un personaggio di grossa taratura, sconosciuto – purtroppo – come tale dal grosso pubblico paesano. Peccato. Anche per lui: nemo propheta in patria. Ho il piacere di conoscerlo personalmente. Nel campo della pittura si è affermato ormai con una certa “personalità” ed uno stile tutto proprio; nella vita, come galantuomo e vero cristiano. La produzione dei primi anni ci rivela un giovane “fiducioso” nel prossimo e nella società. Le sue tele, infatti, ci presentano le immagini del “bello” e del “buono” di classica concezione. Ma – poi – sperimenta l’ipocrisia, la doppia faccia, le finzioni, i tradimenti; e ne rimane come sorpreso e riflette come ciò sia possibile; è quasi restio a convincerci che la cattiveria possa avere la meglio, il sopravvento sulla bontà; non accetta l’homo homini lupus di Hobbes. Ed è proprio per questo che la sua “arte”, cambia stile e inventa le “figure contorte e spasmodiche”, in cui tutti i critici vedono “una coscienza sofferta della vita, dello star dentro le cose” e che io traduco – incisivamente e sbrigativamente – in “pessimismo” di tipo leopardiano. Pessimismo, che Carmelo Cozzo conferma nelle sue poesie scarne, nude, drammaticamente immediate». Inoltre, viene dallo stesso descritto come poeta, scrittore, grafico, ceramista, scultore, personaggio seguito dalla stampa, restauratore, uomo religioso, cosmopolita e multiforme, rivolto a più esperienze e culture.

L’identità artistica di Carmelo Cozzo

La produzione artistica di Carmelo Cozzo è diffusa presso collezionisti privati, oltre che in Italia, anche in Giappone, negli Stati Uniti, nel Venezuela, in Canada e in Australia. Essa nasce dall’interiore tormento della continuità del male nel mondo e si esprime a getto quasi continuo per la polivalenza e versatilità dell’autore, ora attraverso la grafica, ora attraverso la pittura, ora attraverso la scultura e, persino, attraverso la poesia. Tali opere ricche di bello artistico, non sono di facile lettura, né di immediato gradimento e, per gli osservatori frettolosi e occasionali, necessita almeno di una breve semplificazione. Per facilitarne la lettura, parto dalla concezione dell’arte espressa per la prima volta dal filosofo medioevale Bonaventura da Bagnoreggio, ripresa poi da Benedetto Croce e riproposta oggi dal filosofo Tedesco J. B. Lotz: “l’arte è detta splendor formae, cioè convenienza – equilibrio – adeguazione tra un contenuto – idea – messaggio e la sua espressione”. Rispondo, quindi, a due domande: quale è il contenuto e quale è la forma artistica della produzione di Carmelo Cozzo? Tema sofferto nella vita e nell’arte di Cozzo è il tormento per il perdu¬rare del male nella volontà libera degli uomini, i quali, come ingiustizia, brutalmente lo fanno e cinicamente lo ripetono (Vedi “Le Maschere”, “I Tre Volti”). Tale voluta ingiustizia nasce sempre dall’avidità lucida e stupida di orgogliosi prepotenti – furbi opportunisti – spietati profittatori, e va ad arrestarsi nei deboli che la manifestano come violenza nelle membra e come rabbia negli occhi. L’ingiustizia abbrutisce tutti, oppressori ed oppressi, a tale logica non sfuggono né gli ebeti privi di rabbia, perchè incoscienti, né i santi privi di rabbia per una sovraumana pazienza che, però, non è accettata dall’autore. Anch’essi sono vittime e ciò fa un problema, anzi acuisce il tormento (Vedi “Edith Stein”, bassorilievo del “Leone di Giuda”, “Crocifissione”, “L’Eremita”, “Testa di Bue”, “L’Uomo col secchiello”). Per l’artista, non esistono uomini normali: tutti sono coinvolti nelle maglie del male, o come oppressori, o come oppressi, e in chiave etica Egli guarda pure gli animali e la stessa natura. I quadri paesaggistici rievocano luoghi di giochi di infanzia e sono di una limpidezza lirica quasi religiosa. Nell’innocenza della natura l’autore va a rifugiarsi e nel ricordo a sognare: dipinge con intensa poesia boschi, catene di monti, costoni di rocce e tali ambienti Egli vuole come proteggere dalla presenza e dall’azione dell’uomo che dice di fare civiltà e storia, ma di fatto sporca ed uccide la vegetazione e la fauna e lascia cumuli di rovine intrise di sangue, cioè, spesso e purtroppo volentieri provoca danni e produce morte. Oltre alla natura con la sua vegetazione, Carmelo Cozzo ama gli animali a motivo della loro istintiva innocenza e li dipinge felici se lascia¬ti a se stessi, interroganti se vittimizzati (Vedi “Gatto tra i fiori”, “¬L’Occhio di Bue”). Singolare è la pittura dei tronchi che nella loro contorsione esprimono un misterioso tormento ed agone tra vita, morte e rinascita. Nel mondo tutto travagliato dal male, Cozzo si mette dalla parte delle vittime ed arriva a prestare spesso le proprie sembianze ai sofferenti, quasi per volere comunicare la sua rabbia repressa. Oltre ad essere denuncia, le opere di Cozzo sono anche messaggio – proposta ed invocazione di solidarietà. Per l’artista, la solitudine, oltre ad essere la condanna per gli oppressori è anche, purtroppo, il rischio e la condizione delle loro vittime qualora non vengano considerate ed aiutate. La solidarietà è il potenziale di liberazione per chi soffre e tra chi soffre. Nell’opera statuaria, l’artista tratta esplicitamente e quasi esclusivamente il binomio della indifferenza – solitudine e della solidarietà perchè in lui si acuisce la certezza che su tale binomio si gioca il futuro degli uomini. Ci poniamo, adesso, la seconda domanda, cioè come Cozzo abbia espresso ciò? Se il problema del male è comune a tutti gli uomini e ce lo propongono, oltre ai filosofi, agli economisti e ai sociologi, anche artisti piccoli o grandi, non in ultimo, il grande pittore tedesco Egon Schiele, singolare, anzi personalissimo, è il modo di sentirlo e di esprimerlo del Nostro artista. La sua arte è una voce che dice con forza. Dalla tavolozza di Cozzo escono colori pulitissimi dalla felicissima tonalità, ora fredda agghiacciante sui volti distorti dei pervertiti oppressori, ora opachi ed intensi sugli abbrutiti oppressi, ora scuri e macabri sui distorti tronchi, ora caldi sugli innocenti animali, ora idillici sui puliti paesaggi. Cozzo è equilibrato ingegnere, anzi sapiente maestro nella tensione compositiva dei corpi distorti e nell’armonia tra massa e vuoto, tra volume e spazio. Nel contorcimento delle forme, Egli plastifica la violazione delle astratte ed invisibili regole etiche, ma nell’espressione di tali forme non scioglie mai appieno il suo animo. La produzione artistica di Cozzo è la ribellione del mite artigiano condotta tra le pareti della sua bottega, ma che vuole uscire per diventare voce nel mondo con l’ostinazione di restare presente, anche se scomoda finché non avrà piena risposta. Nel suo silenzioso e diuturno lavoro, Egli conduce una duplice lotta: quella della giustizia sociale e quella della produzione del bello artistico. Crede e si aspetta l’avvento della giustizia per le ragioni che sostengono la causa degli oppressi e per la forza con cui, assieme ad altri, anch’Egli contribuisce a farla sentire; al bello artistico è sempre proteso e da insoddisfatto creatore diventa assiduo ed inquieto ricercatore di nuove tecniche espressive che lo avvicinano sempre più al bello puro. Anche se scontento della sua opera, non desiste, perchè sa che di giustizia e di bellezza tutti gli uomini abbiamo bisogno.

Pietro Sicurella Adrano, 15 Maggio 1989.

 

Presentazione

La tavolozza di Carmelo Cozzo, varia e ricca di tonalità cromatiche, i cui colori freddi ed opachi si fondono in mirabile simbiosi con le raffigurazioni distorte e tormentate della sua produzione artistica, esprime una tematica non nuova, ma rivissuta con interiore partecipazione, si libra in una dimensione surreale venata di dolore e talvolta di sofferto rimpianto. Una pittura autobiografica, non nel senso di una ripetitività di esperienze trascorse, ma compimento di uno stato d’animo che avverte la sofferenza dell’uomo e la riesprime artisticamente con immagini dissolte e congestionate in una deformazione dissacratoria. Questa rappresentazione della natura umana, guastata dal vizio e dall’ingiustizia, culmina nel massimo di espressività nella statuaria, in cui il gioco delle masse trattate con sapiente maestria dall’artista, riescono a plastificare le astratte ed impalpabili violazioni delle regole etiche, che dovrebbero presiedere e governare le relazioni umane. La dimensione espressiva dell’artista in qualche opera raggiunge effetti di catarsi liberatoria, accomunando la sofferenza degli animali a quella dell’uomo in una visione globale della natura nelle sue creature. Nell’opera dell’artista il pessimismo si stempera allorché tratta temi paesaggistici. I colori si ravvivano, si fanno più caldi e coinvolgenti ed il poeta si immerge in un abbraccio affettuoso con il mondo circostante.

Pietro Castiglione

 

Sentiamo un po’ la stampa.. Ecco una carrellata di articoli dedicati al Cozzo.

“CAPPELLA DI ADRANO RESTAURATA DAGLI STUDENTI”

Si legge “…hanno infatti collaborato il Professor Carmelo Cozzo per l’intervento conservativo della immagine sacra…”.

Salvo Sidoti Da “La Sicilia” del 29 giugno 1997.

MASCALUCIA: «CASALI D’ARTE» APRE I BATTENTI OGGI PER «RECUPERARE LA MEMORIA»” Possiamo leggere “Offriranno un saggio delle loro capacità pittoriche gli artisti: …Carmelo Cozzo…”.

Da “La Sicilia” del 22 settembre 1995. “MOSTRA DI PITTURA” “Erice – … arti visive, scultura e pittura, la poliedrica vitalità di Carmelo Cozzo. Visione del mondo dissimulata, velatamente pessimistica, mitigata da un rapporto positivo con ciò che d’incontaminato sussiste ancora, in natura e in opere dell’uomo”. Da “Il Mercatino” dell’8 settembre 1995.

GRAN CONCERTO NELLA PIAZZA RESTITUITA ALLA CITTA’” “Ci sono, nella piazzetta rinfrescata dalla pulizia del Comune (di Catania) e dai colori dei murales …, «L’Occhio» di Carmelo Cozzo… C’è il «caffé concerto» di Ignazio De Fiori… Da “La Sicilia” dell’1 luglio 1995.

ARTECULTURA”, LE OPERE DI COZZO IN MOSTRA A MILANO. Adrano: saranno esposte fino a domani alla galleria “Artecultura” di Milano, le opere pittoriche del maestro adranita Carmelo Cozzo, noto per le sue scene di vita quotidiana. Cozzo, nato ad Adrano nel 1929 e diplomatosi a Catania nel 1954, ha utilizzato per l’espressione della sua arte diversi generi pittorici, dal disegno a china alla pittura ad olio, alla tempera, all’acquerello. Si è dedicato anche alla ceramica e alla scultura, oltre che alla decorazione musiva. Orazio Longo Dal “Giornale di Sicilia” dell’11 Maggio 2004.

“Universo Sicilia” celebra Carmelo Cozzo

Il mensile “Universo Sicilia” è stato, per più anni, accanito segugio nei confronti dell’artista. Ciò che seguirà è stato tratto da tale mensile.

I Sicani

Ecco come appaiono, nella fantasia di Carmelo Cozzo, i mitici Sicani, razza (o specie) intermedia tra i Ciclopi e gli uomini attuali; rudi, coraggiosi, mostrano chiaramente di non temere noi spettatori (esploratori del passato) che li osserviamo stupiti, anzi, guardandoci, a loro volta, evidentemente incuriositi, sembra siano in procinto di avanzare con espressione tutt’altro che rassicurante. Luminoso e affascinante il paesaggio, con l’Etna nello sfondo, vaporoso e azzurro, tipicamente siciliano.

Vincenzo Spitaleri

 

La poesia di Carmelo Cozzo è verità, è un semplice e chiaro mezzo di comunicazione, è un sistema per esternare quanto sinceramente l’intimo patisce. La lirica di Cozzo ha immediatezza, attrattività ed una ricchezza insolita di cogliere momenti di vita con sì forte densità, da eccitare la fantasia e stimolare la coscienza anche del lettore più tranquillo. In breve e per concludere, Carmelo Cozzo fa meditare.

Rosario Franco

 

Alla deriva

In lotta selvaggia, accavallati come mosche al miele: dissennata generazione. Contesta tutto, a tutto si oppone. Cosa vuole? Cosa cerca? Non lo sa. E’ insoddisfatta, ma di che cosa? Vuole tutto, non importa come, ma lo vuole questa società, in questa società. Alla ricchezza sfrenata corsa: per suo merito, potenza. Barbaramente, ogni giorno si uccide chi consacra nel lavoro la vita. Non importa chi, ma si uccide, freddamente, solo per mostrare a se stessi d’essere qualcuno. Qualcuno chi?! A caldo, disprezzo per la violenza, poi rassegnazione, indifferenza, nell’uomo, animale abitudinario distinto d’inutile ragione. Non curanti, inerti, si assiste allo sfacelo e condanniamo. Ma chi condanna? Noi?! Girotondo Un negro nella strada… Dagli la mano! Non guardare il suo colore, è tuo fratello. Oh! Fossimo fratelli, gli uomini della terra, bianchi, neri, gialli…! Che girotondo di pace, attorno al mondo!

Parole d’un amico…

Conosco Cozzo da molti anni, direi da sempre, da quando, compagni di classe, studiavamo all’Istituto d’Arte di Catania. In quel tempo, così come adesso, Carmelo Cozzo mostrava già un carattere decisamente inquieto, un desiderio pressante di continua ricerca di qualche cosa. Soprattutto, notavo in Cozzo un desiderio di conoscenza totale dell’essere umano e del suo inconscio. La constatazione della complessità e, nello stesso tempo, primitività dell’uomo, nonché le discriminazioni, i delitti che ne derivano, ha portato e porta il Nostro ad assumere una visione esistenziale in negativo, una interpretazione fortemente pessimistica della vita, che non poteva e non può non condizionare la sua arte. Uomini, animali, piante, ogni possibile forma vivente, così sospinti dal tempo e coinvolti da un ambiente in cui l’esistenza di ognuno significa lotta incessante contro altri, si contorcono stravolgendosi nel proprio divenire. Ecco le opere di Cozzo portare drammaticamente i segni di quella lotta. Sono volti di uomini esausti, deformati, che guardano senza speranza, o allucinati per interiore e spesso folle travaglio. Sono corpi avviluppati da una esasperata volontà di dominio o di sopravvivenza. E talvolta siamo di fronte ad alberi scorticati che esibiscono le loro forme con sofferenza e plasticità grandiose. Non mancano però momenti di quiete, di rassicurante silenzio, se pur di breve durata: una campagna, uno scorcio di piccole case, delle vedute di natura libera e di umanità che qui sembrano voler convivere felicemente; tutto ciò espressione di un sogno, di un desiderio di giustizia e di pace, nascosto e sempre custodito nel cuore dell’artista. Ma non è che un sogno; la realtà, i contenuti di gran parte delle sue raffigurazioni, siano esse pitture, grafici o sculture, non sono, come ho detto, che una duplice lotta: o contro l’esterno, cioè contro il mondo circostante feroce, impietoso, oppure, verso il profondo dell’“Io”, quell’“oscuro profondo”, imperscrutabile e per ciò inquietante. Dotato di una superiore conoscenza del disegno e di non poche tecniche, tra cui quella inedita di un tipo di affresco, da lui battezzato “Affresco – Ceramica”, dotato di straordinaria sensibilità, Carmelo Cozzo è indubbiamente uno dei pochi artisti che abbiamo in Sicilia capaci di fermare con il magico fuoco dell’Arte aspetti, sofferenze e passioni del nostro tempo.

Vincenzo Spitaleri

“L’OCCHIO”: una significativa opera del Professor Carmelo Cozzo

Il quadro esprime in una essenzialità quasi metafisica le sofferenze del mondo animale. L’artista è riuscito ad individualizzare con intuizione estetica di straordinaria efficacia, la concettualizzazione ricorrente ai nostri giorni del rispetto nei confronti della natura e della condanna verso ogni forma d’inutile violenza nei confronti degli animali. L’opera non suscita orrore, ma un senso ineffabile di partecipazione alla sofferenza del diverso da noi.

Pietro Castiglione

Pensieri

Ho letto le poesie di Carmelo Cozzo e hanno suscitato in me un senso di riflessione sulla vita che in sintesi, desidererei esternare. Il giostrare delle stagioni, con le sue intrinseche sensazioni, è bene espresso nel “Preludio d’autunno” dove l’Autore si è calato nel tempo immaginando una visione pittoresca di una spiaggia vuota ma piena di resti significativi della stagione già trascorsa. Leggendo la poesia, si sente quasi il mormorio della risacca che porta con se gli ultimi ricordi di passati amori sbocciati al sole dell’estate e già sfioriti come “un foglio di bolero abbandonato”. Alla vita spensierata subentra la sensazione del ritorno alle cose reali. La spiaggia è lì piena di rimpianti ma foriera di gioie future. Carmelo Cozzo, così melodico nell’immaginare l’autunno, cade nello sconforto che attanaglia tutti nel “Solo per l’inferno”. La riflessione sulla vita diventa imperante, caotica, come appare a lui la visione dei luoghi infernali. Invero il suo stile poetico cambia e si diversifica nelle emozioni contrapposte che riesce a suscitare. Qui si ha la sensazione di un uomo impotente davanti a immagini più forti di lui, descritte in modo palpitante al contempo sconcertante. In questa visione si butta a capo fitto, atterrito nel suo intimo che trasuda sconforto, ma non rassegnazione, anche se gli ultimi versi dimostrano un pessimismo che dovrà essere soltanto momentaneo: l’anima umana è destinata ad assurgere verso più alti orizzonti.

Alfredo Torrisi

Poesia al Club dei Poeti Dialettali di Legnago

Si dice che nessun pittore è più abile della natura, però, anche la pittura da modo di esprimere sentimenti reali e fantasiosi per chi si immerge, e il Professor Carmelo Cozzo, da tanto tempo vive amorevolmente in questo profilo di importante cultura come linfa vitale. Tracciando un profilo nella pittura di Carmelo, si svolge parallelamente tra natura e vita umana con originalità di stile, impostazione leggibile e in ogni sua opera traspare un velo di tristezza, ma conclude egregiamente con felici soluzioni. Pittura e poesia: è un gioco intellettuale di puro lirismo che scorre a pari passo nell’anima dell’artista Carmelo Cozzo. Infatti, anche nella poesia, Carmelo con la sua perspicacia crea equilibrio naturalistico di immagini giocose, emotive, dai toni d’immenso amore, ma talvolta si perde nell’angoscia per la vanità, l’ingiustizia, l’ipocrisia altrui, riesce a fare muti colloqui con i teneri fili d’erba, i profumati fiori, il canto degli uccelli e cerca la vergine atmosfera nelle mani di Dio. Le sue opere pittoriche sono state esposte Sabato 6 Ottobre 2001, nel Teatro Mignon di Porto di Legnago, provincia di Verona, in una serata di poesia e musica indetta dal “Club dei Poeti Dialettali del Legnaghese”, favorevolmente accolte con sinceri complimenti, considerate di alto livello dal numeroso pubblico di 250 persone circa tra poeti, pittori e intenditori d’arte.

Franca Isolan Ramazzotto, poetessa e pittrice. Presidentessa del “Club dei Poeti Dialettali” di Legnago (Verona).

 

 

Critica a “Pathos” Sento il dovere di sottolineare, osservando, ancora una volta, alcune opere di Cozzo, che queste esprimono qualcosa di inquietante, oserei dire, di orrido, ma un orrido che affascina, che coinvolge, e tutto ciò è, indubbiamente arte, autentica arte. Quindi, equivocava Benedetto Croce quando affermava, convinto, che l’arte esprime il Bello. L’arte, invece, è l’artista Cozzo, ce lo ha dimostrato, è struttura formale coinvolgente, forma attraente, anche se i contenuti non sempre sono per i nostri sensi e il nostro spirito, rilassanti e rassicuranti. Vincenzo Spitaleri

Carmelo Cozzo … un Maestro

Lo conobbi tempo fa attraverso le liriche che straziavano l’animo per il profondo sentimento di umanità cui erano impregnate. Più avanti scorsi i risvolti del suo talento nelle “litografie” ove solo l’anima di un vero sensitivo poteva tradurre in bello ciò che la natura gli donava: borghi, cortili, case ricolme di edera; tutto espresso in maniera certosina donando alla materia morta un lampo di vita e di calore come di cosa viva in cui anima e cuore battono all’unisono. Tu, attento osservi la goccia della rugiada che corre tra le foglie o senti il rumore dei suoni eterni che corrono tra le sue opere: frusciar di fronde, urla di anime in pena, tempeste… tutto questo è il panorama di Carmelo, ove si identifica una “sciabolata” di Dio sulle luci ed ombre che denotano l’umano tormento. Autore sensibile e dotato di una vitalità inesauribile ove statue, Cristi, donne, maschere, diventano vivi e parlano a colui che sa cogliere un attimo di eternità. C’è una trasparenza solare nei suoi quadri, c’è una forza tormentata che permea le sue statue, c’è un’aria quasi surreale che avvolge il tempio dei suoi eroi: eroi muti… ma che parlano, quadri e litografie che danno spazi infiniti, visioni di mondi perduti ove l’anima veramente si quieta. La sua è una galassia ove il “PATHOS” coagula divinamente tutte le sue opere, ove puoi veramente riscoprire una “scintilla” di Dio. Carmelo, in definitiva, ha diradato le tenebre aprendo un’Aurora di luce che sazia le brame più recondite delle persone che sanno veramente distinguere il seme del Maestro.

Lorenzo Perissinotto, poeta. Noventa di Piave (Venezia), 14.10.2004.

 

Altre brevi critiche

Il maestro Cozzo esprime nelle sue opere il travaglio interiore suo e del mondo in cui vive”

Nino Di Stefano

 

Mi piacciono molto gli argenti e le sculture, materia che unisce cielo e terra e umano, nello sforzo di trovare armonia”.

Ronda Marina, scrittice.

 

Complimenti per la buona mostra, interessanti gli ulivi e le ceramiche. Auguri di buon lavoro”.

Alberto Venditti, pittore.

 

Un poeta del paesaggio”.

Natale Addamiano, Docente di Pittura dell’Accademia d’Arte di Brera.

 

Complimenti, si vede la mano dell’artista, molto armoniosi i bronzi, solari gli acquerelli. Auguri di buon lavoro”.

Nobile Giuseppina

 

Complimenti! Trovo le sue opere fortemente espressive. Capace di esprimere materialità con la pittura e diafana leggerezza con la scultura. Brava dote, sintetizza perfettamente la contemporaneità, leggerezza, pesantezza della vita”.

Gennaro D’Agostino

Le opere che ho appena visto…, paesaggi, fiori, gatti…, un estatico rapimento dell’animo”.

Susanna

 

Nella limpidezza dell’immagine, la forma interiore di una espressione creativa”.

Teodosio Martucci, critico d’arte.

 

Le sue opere sono sempre valide di grande creazione che suscitano profonda emozione”.

Maria Carla Squeo

 

Un artista eclettico che conosce il mestiere e sa proporre con forza la natura”.

Evi Guidi, critico d’arte.

 

Una boccata d’aria natia”.

Franco Sciardelli, pittore.

 

Io amo la musica, cosa posso dire di questa meraviglia, la culla della pittura. Complimenti!”

Agata dell’Aquila

 

Mi piace la sincerità dei soggetti e la grazia delle forme. Complimenti vivissimi”.

Tarcisio Vantaggiato, pittore.

 

Complimenti per le sue opere”.

Antonio Sever, pittore.

La pittura di Carmelo Cozzo: molto originale per la sua tecnica, bellissime le sue sculture, mi complimento con l’artista”.

Mariangela Deriva, pittrice.

 

Sono rimasta incantata, un’immensa varietà di tecniche, l’artista sa fare molto bene il suo mestiere”.

Carla Giannotti

 

Sempre ammirata della versatilità del maestro Cozzo”.

Clara Piacentini

 

Sono orgogliosa di essere la consuocera di questo bravissimo artista”.

Candida Musitelli

 

Vedere un ottima mostra non capita tutti i giorni. L’artista Cozzo fa sognare con le sue opere. Solidissima professionalità”.

Bravo Giuseppe, poeta.

 

Un magnifico tuffo nella mia terra. Sono rimasta incantata delle varietà di tecniche”.

Pinella Cosentino