Dalle origini alla conquista Saracena
Tutto il pendìo dell'Etna, dal limite dei boschi al fiume Simeto, con intensità, modalità e localizzazioni diverse, è stato abitato in continuazione fin dal neolitico inferiore.
Le zone di maggiori insediamenti sono sempre state due: quella tra le colline vulcaniche a nordest dell'odierno abitato e la rocca e la zona nei pressi del fiume e nelle contrade oggi chiamate di Irveri, Zorio, Cimino, Rimiti, Santa Domenica, Policello, Mendolito, Ardichella, Ciappe, Cugno, Fontanazze e Barca Vecchia.
Verso il secolo 10° a.C. si insediarono sia nella prima zona in alto, che in quella presso il Simeto, colonie di Siculi, che avevano i loro centri di culto e di riferimento amministrativo nelle contrade della Pulica, di Minà, della Fogliuta, di Callicaris, di Sant'Elia, di S. Giovanni, della Mola, di Gioppo, del Buglio, S. Domenica, Ardichella a sud.
I centri si addensavano nelle contrade di Gioppo, di Zaccani, di Fraiello a sud, attorno a un veneratissimo tempio di fango e legno e nella cosiddetta “Città del Mendolito “, presso il Simeto.
Il centro del Mendolito sviluppò una raffinatissima civiltà del bronzo (vedi l’Efebo e il banchettante) e, oltre la cinta muraria, le porte, e le tracce di capanne, ci ha lasciato una necropoli dalle caratteristiche sepolture a “cupoletta “, forse di ispirazione micenea, e inoltre ci ha conservato le più lunghe, seppure non ancora spiegate, iscrizioni sicule della Sicialia nord-orientale.
Tale abitato era già in decadenza nel sec. V a.C. e pare abbia ricevuto il colpo di grazia da Dionisio I che lo conquistò e ne deportò la popolazione per incrementare la “sua “ fondazione (401-400 a.C.) di Adranon nella parte di nord-est del territorio.
Ouesto abitato, da cui trae origine direttamente il nostro Comune, ebbe il suo apogeo di civiltà nel periodo di Timoleonte (344-337 a.C.), in cui fiorirono scuole di pittura vascolare di meravigliosa fattura (vedi vaso dell'Ermitage).
Dopo Timoleonte Adranon divenne una specie di feudo familiare di Agatocle (317-289 a.C.) e dei suoi eredi Agatocle II e Arcagato il giovane e quindi di Gerone (269-215 a.C.), tra un saccheggio e l'altro da parte dei Mamertini.
In questa situazione, poiché Gerone, re di Siracusa, stava dalla parte dei Cartaginesi, prima di passare dalla parte dei Romani, Adranon nella primavera del 263 a.C., fu espugnata dal console M. Otacillo con 8000 fanti e 600 cavalieri e fu trattata assai duramente: le case saccheggiate e rase al suolo, gli abitanti passati a fil di spada, il territorio disponibile per il primo occupante, che pare fosse stata la città di Centuripe, che messa dai Romani nel novero delle poche città “libere ed esenti “, mandò i suoi “oratores “ o agrari ad occupare il territorio della infelice città limitrofa, i cui abitanti superstiti erano fuggiti tra le selve di querce e ilici delle pendici dell'Etna e nelle contrade, che poi saranno chiamate della Pulica, di Minà e della Fogliuta.
La città di Adranon, che aveva aiutato Timoleonte ad abbattere i tiranni di Centuripe, di Agira, di Catania, era ridotta ad un mucchio di rovine fumanti.
Il suo territorio era “ager publicus “, che i censori affittavano a nome del popolo Romano ad alcuni agrari centuripini, che portarono le loro torme di schiavi e costruirono le masserie (villae) in mezzo e sopra le rovine della città dionigiana.
Così dal 263 al 139 (o 135 a. C. di Adranon rimase il nome, finché gli schiavi dei signori centuripini si ribellarono, ai loro feroci padroni, saccheggiarono le masserie e si unirono a Euno, che da Enna aveva levato il grido della riscossa, di abbattere i padroni, di bruciare le masserie, di distruggere gli attrezzi di lavoro, e i raccolti, salvando la vita solo ai lavoratori della terra.
Euno, che si fece chiamare re Antioco, si affidò alla dea Demetra e agli antichi dèi Palici, figli di Adrano. Euno dagli ex proprietari fece costruire una grande quantità di armi e si arroccò nelle piazzeforti di Enna e di Taormina, dove i suoi seguaci furono massacrati, dopo anni di eroica resistenza (131 a.C.).
Ma le cose non mutarono, i “latifundia “ lavorati da torme abbruttiti di schiavi, rimasero, i padroni si rinnovarono e furono rimpiazzati.
Con gli schiavi perirono anche centinaia di migliaia di piccoli contadini, di ex artigiani e la pace romana, con la rapacità dei suoi magistrati, tornò a regnare anche nel territorio di Adranum., che nelle sue orazioni contro Venere, Cicerone non nomina, in quanto, esso faceva tutt’uno col territorio centuripino.
Così rimasero le cose forse fino ai primi decenni dell'impero; infatti Plinio il vecchio, nella sua “Naturalis Historia “ (libro I capitolo Vlll de Sicilia), fra i cittadini siciliani enumera anche gli Hadranitani, che potevano essere costituiti da indigeni soggetti a qualche colonia latina, dedotta in quel territorio da Augusto in seguito alla vittoria su Sesto Pompeo verso il 21 a.c.. In tale occasione, il villaggio cambiò lo “status” e divenne un “pagus stipendiarius” cioè un villaggio tributario che aveva il suo centro nelle contrade poi dette di Minà e della Fogliuta, sotto il reggimento di qualche famiglia di “Curiales”, che possedevano le terre e raccoglievano per Roma le imposte, sotto lo sguardo rapace di qualche guarnigione acquartierata nei pressi di Minà.
il periodo delle invasioni barbariche, specialmente dei Vandali, vide frequenti saccheggi delle zone etnee, che forse trovarono un po' di pace al tempo di Teodorico (493-526) e del suo buon governatore Cassiodoro, per cadere poi sotto il rapace dominio fiscale dei bizantini (535 d.C.) per opera di Belisario. Egli, al tempo di Giustiniano, ribadì le catene che legavano i villici ai latifundia, in condizione di servitù.
Il dominio bizantino per Adranum o Adranion o Adriano, come forse allora si chiamò il nostro Comune, ebbe termine con l'occupazione saracena del nostro territorio verso l'anno 950 d.C.
Funerali di Timoleonte