Il Territorio
Dei tempi passati ci rimangono due descrizioni significative di Adernio o Adernò, la prima è quella del geografo arabo Idrisi, che nel suo “Libro di Ruggero “ (1154) scrisse: “Adernò (è) un grazioso casale che si direbbe quasi una piccola città; sorge su una cima rupestre, è dotato di un mercato, di un bagno, di una bella rocca e abbonda di acque.
Esso e situato alle falde del Mongibello, verso sud “.
II geografo messer Giulio Omodeo degli Omodei (metà sec. XVI) nella “Descrizione della Sicilia “ (Val Demine, pag. 135) dice: “Ora tirando da Bronte per le falde del Mongibello circa 14 miglia, si arriva ad una terra chiamata Adernò col titolo di conte di casa Moncada, chiamata da Plutarco in "Timoleonte" Adrano, lungi (com'ei vuole) da Taormina circa 45 o 50 miglia; la quale in quei tempi era citta molto stimata, benchè picciola, per rispetto della superstiziosa religione del dio Adrano, quale con somma religione adoravano, dal quale prese il nome, dove Timoleone, aiutato da Andromaco, padre di Timeo istorico, partendosi da Tauromena, sconfisse improvvisamente gli eserciti d'Iceta e liberò Siracusa.
E oggi questa terra molto forte e abbondante di acque e di vettovaglie, posta in un luogo rilevato ed alto sul sinistro lato del fiume grande della Giarretta e sotto le radici di Mongibello “.
Del suo territorio, di cui facevano parte quelli che poi (1488-1501) saranno i territori del Casale dei Greci, detto poi Biancavilla, e della terra di Centorbi, detta poi Centuripe, abbiamo una descrizione del 1647 fatta dagli “estimatori e prezzatori “ Antonino Lanza e Francesco Sbarbato, che si riferivano particolarmente alle terre colti-vate a grano, mentre le altre terre erano quasi tutte, ad eccezione dei pascoli naturali, delle zone sciarose o boscose: esse si classificavano in chiuse, tenute e feghi o feudi: “erano le chiuse di don Giuseppe Ventimiglia nella contrada della Serra, le chiuse di Gianbruno, le chiuse di li Zac-chani, le chiuse di S. Elia, la Difesa della citta, le chiuse del Balletto, la Paricchia, la Fogliuta, li Pulichi, ie chiuse di Guzzardi, le chiuse di Reale, le chiuse di Gualtieri, le chiuse di Caterina Carambia, le chiuse di don Bonaventura Garofalo, le chiuse di Filiu Ciancio, le chiuse della Xiarotta, le chiuse di Sberno, le chiuse di Maggio, le chiuse di Ciancianella, le chiuse di Cippetro, le chiuse di Santo Cono, il fego di Pietra Bianca, il Fego del Mendolito, il fego di Pulicello, il fego del Cugno, il fego di Poyo di vaca, il fego di Cavallaccio, il fego della Cavalera, il fego di S. Todaro, il fego di Salina, il fego di Muglia, il fego di Poio Russo, il fego di Xirfi, la tenuta delli Carnali, il fego della Martina, il fego della Solicchiata, il fego del Boschetto e della Dagala, il fego di Pupurtello, il fego della Cisterna, e altri feudi minori.
Queste terre e altre, che dal tempo di Matteo Sclafani (1303-1354) facevano parte della Contea di Adernò, per l'estensione di circa ha 30.784,04,20, in seguito al nascere (1488-1501) e all'affermarsi dei Comuni di Biancavilla e di Centuripe, si ridussero per il comune di Adrano a ha 8.251.
II territorio è montuoso e a forma di triangolo isocele col vertice sulla cima dell'Etna e confinante col territorio di Bronte ad ovest, col fiume Simeto a sud-ovest, col territorio di Biancavilla ad est.
Si trova alla base del bacino idrografico del versante occidentale del vulcano, per cui è ricco di falde acquifere, che fuoriescono spontaneamente (sorgive) o per perforazioni non molto profonde (pozzi).
Le sorgenti piu rinomate sono quelle di Capici, della Fogliuta, della Naviccia, di Patellaro, di S. Giovanni, del Cristo alla Colonna, di Gioppo, di S. Nicolò, di Facciulle, del Grifo, della Mandra del Toro, di S. Lucia, del Buglio, di Donna Eleonora , di Irveri, delle favare di S. Domenica , di Policello ed altre.
I pozzi sono oggi tutti chiusi, perché inquinati, ma fino alla fine del secolo scorso, se ne contavano nel paese circa 155, con profondità media di m. 11.
Il paesaggio agricolo fino agli anni '50 di questo secolo, era iridente e lussureggiante di orti (intorno all'abitato) di giardini, di oliveti, di vigneti. Oltremodo incantevole era la valle del Simeto dal Ponte dei Saraceni ad ovest, a quello di Mandarano a sud-est.
A partire da quota 1000 fino a quota 2000, si succedono querceti e iliceti nella zona di nord-ovest e castagneti e pinete nella zona di nord-est; più sopra vi sono le lave nude o scoperte.
Il clima è assai variabile: nelle stagioni intermedie con forti escursioni termiche, ventoso d'inverno e secco d'estate.
Le piogge non sono costanti. Gli animali sono quasi tutti spariti, sia quelli selvatici, che quelli domestici. A causa del quasi abbandono della coltura seccagna, si sono incrementati i conigli selvatici, le volpi, le donnole e le vipere.
Quasi incredibilmente sopravvivono gazze, taccole e qualche altro corvide (ad eccezione del corvo reale), che si sono adattati a cambiare alimentazione, poichè con la fine degli animali da soma, è venuto meno il loro pasto di elezione.
I merli, le capinere, le cince, gli usignoli, i tordi, le allodole, i pettirossi, che un tempo riempivano di canti le campagne, sono quasi tutti spariti.