La Vita: Famiglia - Adolescenza

 

 

La famiglia e la provenienza

Nelle pagine precedenti non a caso si sono presentati dei cenni storici che illustrano la situazione della Sicilia, in quel tempo di inizio millennio: come ha affermato lo storico Michele Amari, la prevalenza dell’elemento greco nel XII secolo era dominante in tutta la Val Démone. All’estremo limite meridionale di detta Valle era la città di Adernò, la cui popolazione, sicula di fatto, era, per influsso della precedente domi-nazione bizantina (535-827), diventata greca di lingua, di religione e di costumi.
Non esistono prove documentali per affermare , come fa un autore, che il Santo fosse figlio di conti al servizio dei Normanni: affermare questo non è corretto. Si può solo affermare che i suoi erano dei benestanti, o di origine greca o sicula; ma, quasi certamente, di lingua, religione e costumi greci, come la maggior parte allora del luogo.
I nomi dei suoi genitori, Almidoro e Alpina, sono comparsi solo dopo il 1709: infatti il Surdi, che pub-blicò in quell’anno, ignora ancora i nomi e parla solamente della nobile famiglia dei Politi di Adernò.
Il rev. prev. Salvatore Petronio Russo, nell’anno 1880, nella nota n. 38 della sua opera dedicata al San-to, cita testualmente: “Beatus Nicolao in Adernione ex Almidoro et Alpina Politorum familia natus est”; ed afferma che i nomi Almidoro ed Alpina sono stati da lui trovati, aggiunti a mano, nella copia del Caietano che trovasi nella biblioteca del convento dei cappuccini di Adrano. Detti nomi pertanto non possono essere attendibili: infatti, se si fossero saputi prima, il Caietano li avrebbe sicuramente citati, come ha citato altri nomi propri di persona nella vita del Santo da lui curata.
La famiglia di Nicola è vissuta ed ha educato il figlio secondo gli usi e i costumi del tempo, tanto che Nicola scelse come suo punto di riferimento spirituale il monastero basiliano di S. M. del Rogato, che era di rito greco.

 

Infanzia e Adolescenza

Come fu prodigiosa la nascita di Nicola, così fu ammirabile la sua infanzia, perché, ancora nelle fasce, il mercoledì, il venerdì e il sabato rifiutava il latte. Contrariamente agli altri bambini, egli in quei giorni piangeva se la madre gli metteva in bocca il frutto del suo seno.
Da bambino, ci tramanda il Cusmano, egli fuggiva i peccati come serpenti, ma specialmente aveva un grande amore per la purezza. Nel conservarla intatta egli si mostrò più forte di Sansone, più prudente di Davide, più sapiente di Salomone, che caddero così miseramente, da fare esclamare al grande genio di S. Agostino: “Ho visto che per la pestifera lussuria sono caduti i cedri del Libano e i duci degli eserciti!” Questo particolare viene fatto risaltare dal Cusmano, nella parte finale dell’opera, quando dice: “…infatti sei vergine di mente e di corpo”. Con questa frase, il Basiliano conclude l’inno, e presenta Nicola, come un segno per tutti e un modello da seguire. Nicola, col suo esempio, ci invita a seguire quei valori che la nostra società, superficialmente cristiana, sta trascurando ed emarginando sempre più, in nome di un malinteso progresso, che progresso non è, perché la liberalizzazione degli istinti nella storia ha sempre seguito i periodi di molto avere materiale ed ha causato la decadenza delle società. Il risveglio di un vero senso cristiano, con le virtù conseguenti, può diventare salvezza per la sociatà e per la persona umana. Nicola, come vero credente in Cristo, è stato scelto per essere segno in Cristo, santo ed immacolato nell’amore.
I genitori di Nicola dovevano certamente compiacersi nel constatare che i semi della virtù, impiantati nel cuore del figlio, davano copiosi frutti. Tutte le attenzioni, essendo il ragazzo figlio unico, erano rivolte a lui, e miravano a che egli progredisse nelle virtù e negli studi. A tal proposito il Caietano scrive: “fu affidato a dei maestri, dai quali fosse istruito nelle lettere”.
Chi siano stati realmente tali maestri non è precisato dal documento. Un agiografo recente ipotizza che il Santo sia stato affidato al “monastero benedettino di San Nicola, a Catania”. Ma questo è storicamente im-possibile: infatti, nel periodo dell’adolescenza di Nicola, il monastero dei Benedettini di San Nicolò in Cata-nia era una gràngia greca, che è stata donata nell’anno 1156 dal conte Simone di Paternò al monastero be-nedettino di S. Leone di Pannacchio. Se si considera che nel 1156 il Santo si trovava già da diciannove anni nell’eremo sotto il monte Calanna, presso Alcara Li Fusi, si deve escludere che egli possa essere stato edu-cato in tale monastero, che non era ancora. Solo in seguito l’abbazia di S. Nicolò assorbì tutte le case bene-dettine dell’Etna, divenendo, in ordine di grandezza, la seconda in tutto il mondo.

 

 



Dex. immagine


Testi tratti dal libro di

 Santo Ali

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