Miracolo della siccità
La
vita riportata dal Caietano è stata scritta dal
padre Cusmano, confessore di Nicola.
I miracoli, riportati dallo stesso autore, sono
stati aggiunti in seguito, alla vita del Cusmano.
Fino al maggio del 1503 gli Alcaresi avevano
venerato il Santo nel monastero di S. Maria del
Rogato. Così quando nel maggio di quell’anno si
trovarono con la terra arida, e col pericolo di
perdere per sete il bestiame dei loro allevamenti,
perché una grande siccità si era abbattuta sulla
loro terra, decisero di pregare Nicola, affinchè
intercedesse presso Dio ed ottenesse tanta pioggia
da salvare i loro raccolti ed il loro be-stiame.
Perciò il 10 maggio di quell’anno si recarono al
Rogato, che era ormai abbandonato per la mancanza di
monaci basiliani, presero il santo corpo e lo posero
sopra l’altare. Dopo fervorose preghiere, scese giù
una grande pioggia. Ringraziando il Santo per il
miracolo ricevuto, tutti gli intervenuti baciarono
le reliquie. Al-lora avvenne che una donna malfamata
osò fare la stessa cosa; ma, al suo accostarsi, quel
santo corpo si tirò indietro e non si lasciò
toccare: ciò avvenne per la sua conversione.
Celebrato il sacrificio della S. Messa, portarono in
processione il corpo. Mentre riportavano le reliquie
nella chiesa di S. M. del Rogato, proprio sulla
soglia della chiesa, il corpo del Santo diventò
pesante. Poiché i portatori non riuscirono a stare
sotto quel peso, si fermarono ed invocarono la
misericordia e la pietà di Dio. Lì avvenne un altro
miracolo: in mezzo a quel popolo c’era un certo
Giovanni Spitaleri, che da gran tempo soffriva di
ernia. Questi ad un tratto si mise a gridare:
“Misericordia, sono guarito”. Tutti sapevano che
questo signore era ammalato e tutti ora lo vedevano
guarito. Anche altri malati di ernia, che invocarono
il Santo in mezzo alla folla, gridarono che erano
stati guariti.
Visti i prodigi che il Signore operò in quel giorno,
un anonimo frate dell'ordine di S. Francesco, “uomo
religioso e buono”, dice il Caietano, da un posto
elevato fa una predica.
Alla fine posarono le reliquie al loro posto e
ritornarono a casa ripieni di fervore e fede verso
il loro protettore.
A questo punto del racconto, il Caietano dice quali
furono le conseguenze della predica del monaco
francescano: quelle di assumere l’onere, da parte
della città di Alcara, di spendere qualunque somma
di de-naro, affinchè fosse data dal Sommo Pontefice
la facoltà di venerare le reliquie del loro Santo.
Pertanto, scelti due uomini esperti nelle persone
del sac. Antonino Rundo e del sig. Giovanni Cutto-ne,
affidarono loro una petizione da portare a Roma
presso la Santa Sede.
Il Caietano non dice quando i messi partirono. Ma il
Surdi, nel suo libro sul Santo, a pag. 395
para-grafo 2, dice che partirono per Roma il giorno
seguente (11 maggio 1503).
Lo stesso autore, a pag. 319 e seguenti, continua
dicendo che i fatti del 1503 furono appresi dagli
Adornesi; i quali, mossi da una devota gelosia,
pensarono di andare a prendere le reliquie del
Santo, dopo avere accertato lo stato dei luoghi dove
si trovavano conservate. Essendo il convento
basiliano a due miglia dal paese ed in stato di
abbandono, animati di coraggio, gli Adornesi
andarono al Rogato e presero il Sacro Corpo. Indi
ripartirono per Adernò e, convinti di aver preso la
strada del ritorno, invece, per prodigio, si
ri-trovarono a girare intorno al Rogato. Nel
frattempo, mossa da mano invisibile, la campana del
convento in-cominciò a suonare. Gli Alcaresi,
svegliati da quel segno, in fitta schiera accorsero
per difendere il loro dirit-to. A questo punto gli
Adornesi, scoperti, abbandonarono il Santo Corpo e
fuggirono.
Allora gli Alcaresi, resisi conto che il Rogato
costituiva un facile accesso per eventuali ladri,
delibe-rarono di portare il Sacro Corpo all’interno
delle proprie mura. Il prete Pietro Rosato, Giovanni
Gamburdo, Giovanni Sciarra, Marino Fiorito, un altro
Giovanni Sciarra e tre altri di cui non si ricordano
più i nomi, la sera seguente al tentato sacrilegio,
con grandissima segretezza, andarono al Rogato e
presero riverentemente il corpo del Santo. “Il Santo
senza mostrarsi, come altre volte ritroso, con ogni
facilità si lascia levar, e tra-sportare non solo,
ma con una maravigliosa luce li accompagna” Era loro
intenzione metterlo nella Chiesa Madre, ma essa era
in corso di costruzione, per cui lo posero
all’interno della chiesa di San Pantaleone.
Così all’incirca si esprime il Surdi.
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l'autore Alì Santo