Le reliquie pretese dagli adornesi -

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Il miracolo dei "sacrileghi" Adornesi vero o falso?

 

La sequenza dei fatti si può riassumere così: giorno 10 maggio 1503, avvenne il prodigio della pioggia, ed altri miracoli; un frate francescano con una bella predica invita il popolo alcarese a fare tutto il possibile per la santificazione dell’anacoreta; allo scopo furono scelti il sacerdote Antonino Rundo e il sig. Giovanni Cuttone, i quali a spese pubbliche, furono mandati a Roma perché “fosse fatta la facoltà dal Sommo Pontefice di venerare le reliquie del loro santo uomo” (O. Caietano). Nel frattempo gli Adornesi tentano di trafugare il corpo del Santo. A causa di ciò, i notabili alcaresi, all’insaputa del popolo, trasferiscono il corpo dell’eremita dalla chiesa di S. M. del Rogato all’interno della città.
Caro lettore, il documento che di seguito leggeremo dà occasione a diverse osservazioni. Questo do-cumento chiave dà un risvolto alla storia delle sacre reliquie finora raccontata. Prendiamo in esame la supplica che il sacerdote Antonino Rundo e il sig. Giovanni Cuttone, a seguito del miracolo della siccità, portarono alla Santa Sede.
Questo documento è stato richiesto all’archivio del Vaticano dal prevosto di Adrano Pietro Branchina. Nell’archivio della Chiesa Madre di Adrano esiste la lastra fotografica di esso. Si riporta qui di seguito la supplica nella versione in italiano:

“Beatissimo Padre.
Morto un certo Nicolò de lo cito, in una grotta vicino Alcara, Diocesi di Messina, distante circa tre miglia, le autorità ed il popolo di detta terra, per la divozione che avevano verso detto Santo per la sua buona vita, presero il di lui corpo dalla grotta con l’animo di trasportarlo in detta terra e di collocarlo nella chiesa Maggiore. Mutato poi proposito lo trasportarono in una certa chiesa detta di S. Maria del Rogato esistente in un bosco. Volendo pertanto rimuovere tale corpo dalla detta chiesa disabitata ed esistente in un bosco, dalla quale verosimilmente poteva dubitarsi essere rubato, (difatti) lo rimossero, e giusta il loro (primitivo) proposito lo trasportarono in detta terra e (lo collocarono) nella chiesa Maggiore. Ma ciò fu fatto senza li-cenza della Santità Vostra e dell’apostolica Sede, per la qual cosa presentiamo supplica. Pertanto umilmente supplicano ai Vostri Piedi affinché la Santità Vostra favorendo la loro lodevole decisione e aiutandoli con speciali favori e grazie similmente conceda e permetta che detti esponenti possano rimuovere il suddetto corpo dalla predetta chiesa (di San Pantaleone) e trasportarlo in una certa chiesuola esistente vicino la grotta e successivamente collocarlo nella chiesa Maggiore di detta terra con facoltà di celebrare a loro piacere, (tra le solennità) delle messe, la festa anniversaria in ogni 17 Agosto, non solo in detta chiesa Maggiore, ma ancora nella Chiesuola presso la quale morì, comandando e inibendo a tutti gli Ordinari dei luoghi che né essi li molestino, giacché (gli Alcaresi) operano così regolarmente, né permettano che da altri vengano molestati. Si degni la Santità Vostra di concedere, per grazia speciale, comandare (e) inibire (tutto ciò) per un Breve, nonostante qualunque cosa in contrario e con le clausole necessarie e consuete.
È stato concesso giusta la supplica in presenza del Signore SS. Papa. +G. Card. Del titolo S. Pietro in Vin-coli.
Ed è stato concesso per Breve e senza pregiudizio. +G. Card. Del titolo S. Pietro in Vincoli.
Dato in Roma presso S. Pietro. 7 giugno (1507) anno IV.
A questo punto emergono delle incongruenze tra il documento e gli eventi narrati dal Caietano, il quale utilizza fonti alcaresi, replicati dal Surdi, e avallati anche dal nostro prevosto Salvatore Petronio Russo, il quale disse che era volontà di Dio che le reliquie del Santo rimanessero integre in Alcara (Il Petronio Russo all’epoca in cui scriveva non era a conoscenza del documento surriportato).
Intanto è da osservare che gli Alcaresi non riportarono nella supplica alcune cose essenziali:
1. La provenienza dell’eremita;
2. I fatti miracolosi avvenuti il 17 agosto 1167, ed esattamente che il corpo del Santo si fece pesante nei pressi della chiesa di Sant’Ippolito, perché non volle andare in Alcara ma al Rogato; nella supplica invece dicono “Mutato poi proposito lo trasportarono in una certa chiesa detta di S. Maria del Rogato esistente in un bosco.”
Loro sapevano la provenienza del Santo, ma la nascosero al Sommo Pontefice. Perché? Perché nasco-sero pure che il Santo ad Alcara non ci volle andare?


Mi accingo a fare delle considerazioni sui fatti finora narrati.

1. È chiaro a questo punto, dopo la lettura del documento, che gli Alcaresi non mandarono i due messi affinché si avesse l’autorizzazione della Santa Sede a poter venerare Nicola Politi come santo, perché per loro era già santo, ma chiesero ben altro alla Santa Sede, che si può sintetizzare nel seguente modo:
a) la sanatoria del trasporto del Sacro Corpo dal Rogato in Alcara;
b) un ulteriore trasporto alla piccola chiesa accanto alla grotta “eremo” e successivamente nella chiesa Maggiore del paese;
c) celebrare l’annuale festività il 17 di agosto tanto nella chiesa Maggiore che nella chiesetta dell’eremo in buona pace.

2. È chiaro che il Surdi ha narrato fatti non storicamente esatti. Il Caietano (1657) e il Surdi (1709) col-legano la partenza dei messi alcaresi a Roma, col miracolo della siccità, con gli altri miracoli di quel 10 maggio 1503 e con la predica del frate francescano. Il Surdi però si spinge a dire che i messi partirono il giorno dopo. I due scrittori antichi, agli stessi miracoli, collegano anche il tentato furto degli Adornesi (ripetuto più volte per il Caietano). A questo tentato furto collegano anche il trasferimento del corpo in città. Ma siccome nella supplica è detto che il trasferimento è già avvenuto: o tutti i detti avvenimenti si sono svolti in una notte (tra il 10 e l’11 maggio), che è impossibile, o i messi non sono partiti il giorno dopo, come invece dice il Surdi. Come sono avvenuti in realtà i fatti? Come potevano gli Adornesi sapere rapidamente, anzi nel giro di alcune ore, gli eventi successi in quel giorno e decidere di andare a rubare il corpo? Come potevano recarsi nel giro di poche ore ad Alcara, distante da Adrano moltissime miglia, per porre in essere il sacrilego furto?

3. Allora come si svolsero gli eventi? I fatti narrati dai due autori (Caietano e Surdi) mi spingono a fare una ipotesi, a mio avviso molto probabile, cioè: visti i fatti successi il 10 maggio, i notabili alcaresi tennero consiglio e decisero di andare a prelevare il corpo del Santo, che era deposto in quel luogo poco sicuro, e trasportarlo all’interno del paese. Una notte tra il 10 maggio e la partenza dei messi per Roma, eseguirono quanto deliberato. I notabili alcaresi poi, che avevano trasportato il corpo di Nicola in città senza il consenso del popolo, nel tentativo di fare accettare il fatto, raccontarono, inventando, la storia riguardante gli Adornesi che volevano trafugare il corpo e che, scoperti, si sarebbero dati alla fuga. Raccontarono inoltre della luce divina che li accompagnava durante il tragitto, a conferma che San Nicola fosse d’accordo con quello che stavano facendo. In seguito la tradizione popolare a questo evento straordinario aggiunse della campanella del Rogato che suonò e della convinzione degli Adornesi di ritornare a casa, mentre invece per tutta la notte giravano attorno al Rogato. Infatti se campa-nella suonò, non pochi (i notabili), ma molti dovevano sentirla, e perciò il trasferimento non poteva avvenire “per nulla saputo da alcuno”.

4. A questo punto sorge però un’ultima questione. Che gli Adornesi siano stati chiamati in causa nel racconto della storia, comunque, è segno che essi, già al tempo in cui scriveva il Caietano e il Surdi, erano considerati dagli Alcaresi concorrenti nella devozione al Santo e, soprattutto, aspiranti ad avere la reliquia del suo corpo. Perché gli Alcaresi pensavano questo degli Adornesi? Perché avevano in mente l’esperienza di qualche pretesa contrastata avvenuta in realtà nel passato, o semplicemente perchè sapevano che il Santo proveniva da Adernò?



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Testi tratti dal libro di

 Santo Ali

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