La vita: Fuga dalla casa paterna - Verso il Calanna
Fuga dalla casa paterna
Quando Nicola compì il
diciassettesimo anno di età, i genitori, già
avanzati negli anni, temendo che sarebbero morti
senza aver visto il loro figlio accasato, si
premurarono di dare una famiglia al loro unico
fi-glio. Quindi si adoperarono in tal senso,
proponendo a Nicola una giovinetta di buona
famiglia. Non otten-nero però alcun esito, perché il
loro santo figlio, volendo mantenere il voto di
verginità, si rifiutò tenacemen-te, nonostante le
numerose insistenze.
Ma, come era costume dell’epoca, la volontà dei
figli era tenuta in scarsa considerazione: i
genitori imposero a Nicola una ragazza, e
stabilirono la data delle nozze. Così facendo,
speravano che nel frattempo il figlio avrebbe ceduto
ai loro giusti desideri.
Nicola però, per non disubbidire direttamente ai
genitori, e forte della parola del Vangelo che dice:
“Se qualcuno vuol venire dietro a me e non odia suo
padre, sua madre, e la moglie, e i figli, e i
fratelli e le sorelle, non può essere mio discepolo”
(Lc 14,26), decide di fuggire da casa. La notte
prima delle nozze, nel palazzo dei Politi regna
supremo il silenzio; tutti dormono, solo Nicola
veglia; quando ad un tratto sente una voce, discesa
dal cielo, che gli dice: “Nicola, alzati e seguimi,
vieni con me e ti mostrerò un luogo salutare di
penitenza nel quale, se vorrai, potrai salvare la
tua anima”
Caro lettore, immagina con la tua fantasia quale
travaglio interiore abbia dovuto affrontare Nicola
nel prendere la decisione: da una parte una bella
casa, una bella moglie, dei figli e tutti i beni che
i suoi genitori gli avrebbero donato; dall’altra, la
semplice vita di eremita.
Come Maria ha detto all’Angelo del Signore: “Eccomi,
sono la serva del Signore, avvenga di me quello che
hai detto”; e questo “sì” ha permesso che il mondo
fosse salvato dall’Onnipotente; allo stesso modo
Nicola ha dato la sua piena disponibilità al
Signore, salvandosi anima e corpo, e ottenendo che
il Signore lo rivestisse di onore e di gloria.
Il Politi si allontana dalla casa paterna. Aveva
risposto prontamente come il giovanetto Samuele, e,
camminando lungo sentieri impervi, fra i boschi
delle nostre campagne, giunge in una grotta alle
pendici dell’Etna: questa, da quel momento,
diventerà la sua umile dimora, per tre anni.
La tradizione vuole che essa sia una grotta di
scorrimento lavico, ubicata in territorio di Adrano,
in contrada “Aspicuddu”. Il pellegrino può oggi
ammirare tale grotta all’interno di una dagala,
raggiungibile soltanto a piedi, per l’asperità dei
percorsi; il paesaggio che gli si presenta è
semidesertico, a causa di una colata lavica
successiva, attribuita all’anno 1595. Certamente,
nel tempo della nostra storia, la grotta poteva
essere circondata da boschi fittissimi e da una
favolosa fauna.
L’area, dove è ubicato l’ingresso della grotta, è
stata comprata, il 17 Dicembre 1926, dal prevosto
Pietro Branchina e dal sac. Angelo Bua, rettore pro
tempore della chiesa di San Nicolò Politi.
Successiva-mente il comune, mentre era podestà di
Adrano il sig. Miraglia dott. Vito, con atto
pubblico rogato dal se-gretario generale il 17
Agosto 1933, concesse gratuitamente al prevosto
Pietro Branchina e al sac. Angelo Bua, rettore pro
tempore della chiesa di San. Nicolò Politi, l’uso di
mq. 13.890,50 di terreno comunale per la costruzione
della strada di accesso alla grotta, e (posto a
monte della grotta stessa) mq. 12.043,40 di terreno
comunale da servire come punto di concentramento e
di sosta per i fedeli che si recano alla grotta, a
condi-zione che il secondo terreno non formasse
oggetto di commercio.
Con decreto arcivescovile del 1 Marzo 1927, il primo
eremo del Santo fu dichiarato monumento sacro
dall’arcivescovo di Catania card. Giuseppe Francica
Nava. È auspicabile, che in tale luogo sacro si
possa in-crementare sempre più la presenza di
pellegrini devoti.
Verso il Calanna
Il desiderio di
perfezione; il bisogno di guida e di frequenza al
sacramento della penitenza; la necessità di unirsi
all’Amore divino, sacramentalmente, nell’Eucarestia;
a ciò unito, l’essere troppo vicino ai genitori, che
avevano mire terrene e non gli avrebbero permesso in
paese l’aggancio spirituale che cercava: tutto ciò,
non gli avrà permesso di restare a lungo nella
grotta etnea.
Cercò un luogo, e una
guida, dove poter realizzare il suo sogno.
Spuntava l'aurora: Nicola
parte dalla sua dimora etnea ed intraprende il
viaggio per dove
Udite
queste cose, il Beato Nicola, meditando nel suo
animo diceva: chi è costui che mi trattiene dal mio
viaggio; e mi promette le sue ricchezze e il suo
pane che mangerò, e le vesti, e i suoi piaceri, di
cui godrò in questo secolo; e mostra verso di me
tanta carità; e tosto, richiamando nell'animo
Finita
questa preghiera, fu liberato da quella
molestia e il demonio sparì dai suoi occhi.”
Il Surdi ed altri autori
posteriori narrano che il Santo passando dal
monastero basiliano di Maniace, abbia incontrato un
altro Santo, Lorenzo da Frazzanò. Questo incontro,
fra i due santi contemporanei, è comparso negli
autori a partire dal Surdi. Il Caietano non riporta
questo racconto nella vita del Politi, e nemmeno
nella vita di San Lorenzo di Frazzanò. Per questo
motivo, è mia opinione che questo incontro non sia
avvenuto.
Il passaggio del Politi
dal monastero basiliano di Maniace è probabile,
anche se non riferito dal Caietano. Sicuramente,
Nicola si addentrò verso
“Dunque, compiuto il viaggio iniziato, giunse al luogo, il cui nome oggi
(è) Acqua Santa”. In questo luogo, vicino circa
un chilometro all’eremo, Nicola, sfinito dal lungo
viaggio, ebbe sete, e il Signore gli diede
l’opportunità di provare la sua fede con successo:
invitato dal Signore, col bastone percosse la
roccia, e da essa scaturì una sorgente d’acqua,
ancor oggi esistente. Molti che hanno bevuto con
fede quest’acqua, ed hanno chiesto grazie al Santo
sono stati esauditi.
Continuando il viaggio,
trovò in quei pressi una spelonca e vi si stabilì.
Oggi il visitatore,
guardando dal posto dov’è l’eremo, vede uno stupendo
paesaggio.
Vede di fronte la valle
del fiume Rosmarino, con la vegetazione che la
tappezza irregolarmente; e il letto del piccolo
fiume, scendere come una lunga striscia
serpeggiante, fra le giogaie dei monti circostanti;
più in là, in lontananza, superata la valle,
appollaiate in collina, le quattro casucce dell’ex
monastero del Rogato. Il Santo doveva attraversare
il fiume, per raggiungerle.
In quel tempo il posto
doveva essere ancora più suggestivo, perché ripieno
di boschi e di una natura ancora selvaggia e
incontaminata.
Il monastero, composto da
una chiesetta ed un convento per pochi monaci,
accoglieva Nicola regolarmente, per la celebrazione
eucaristica e la confessione. Il teologo Cusmano,
suo confessore, guidò il Santo, come disposto dalla
divina Provvidenza, verso la perfezione, all’amore
per Gesù Cristo e per la sua santissima madre Maria.