Convento Cappuccini e antico cimitero annesso

Cappuccini fecero il loro ingresso in Adrano il 25 dicembre1608 e si presentarono al popolo al par degli Apostoli, armati solo dal segno della croce, col proposito di svolgere il programma di Pace e Bene lasciato in eredità dal Santo Fondatore S. Francesco D'Assisi. I frati, mandati in Adrano nel 1608 dal ministro della Provincia P. Urbano da Nicosia, furono: Padre Benedetto, Erasmo da Catania e Padre Benedetto della Rocca.


Essi andarono ad abitare nelle case attigue alla Chiesa di S. Antonio Abate fin quando non furono costruiti il Convento e la Chiesa in contrada della grazie.


Lo storico Sangiorgio Mazza scrive che il convento sorse con l'obolo del popolo e l'influenza del Sac. Don Francesco Musco col patrocinio del principe Son Antonio De Moncada, mentre era vescovo della Diocesi di Catania Mons. Giovanni Ruiz. Il convento sorse nella contrada de "Rosario Vecchio", dove sorgeva una Chiesetta dedicata a Maria SS. delle Grazie, in un terreno con selva irrigabile, donato dalla Sig,ra Agata Corso; il convento nacque sotto il titolo "dell'Immacolata Concezione", i frati ne presero possesso nel 1618, primo Vicario fu il P. Benedetto della Rocca. La Chiesa è una tra le più belle della provincia  per la sua costruzione architettonica e gli stucchi di stile semplice.


E' di ragguardevole pregio la custodia sull'altare maggiore per la rarità del legno, la varietà delle sue combinazioni. la delicatezza dei lavori d'intaglio, di tornio e d'impellicciatura. Una custodia identica di uguale finezza e delle medesime dimensioni, si trova nella Chiesa del convento di Lipari. Ciò fa pensare che esse appartengono ad uno stesso artista e che questo sia un frate.
Un altro gioiello d'arte era la custodia in argento dorato che veniva messo dentro il tabernacolo nelle solennità per collocarvi il Santo Ciborio, in seguito venduta a un gioielliere. Sullo sfondo dell'abside vi è un grande quadro bello ed espressivo, che rappresenta l'Immacolata con una schiera di Angeli, che porgono dei gigli, mentre nella parte sottostante Sant'Agata e S. Antonio di Padova a destra e S. Pietro e S. Francesco a sinistra, tengono lo sguardo fisso alla Regina dei Cieli. Autore di questo quadro è Fr. Umile da Messina, sacerdote cappuccino, che lo dipinse nel 1645. L'altare maggiore e quelli laterali, fatti nel secolo scorso dall'artista Giovanni Alì di Adrano, sono pregevoli per la finezza d'intarsiatura; sono tutti smontabili: gli specchi sovrapposti alla mensa si tirano fuori. Nell'altare dell'Addolorata, dietro lo specchio vi è un tabernacolo.


Dal 1812 al 1866 il convento fu importante sede di noviziato e del "corso di filosofia" per gli studenti della provincia, ma l'importanza del convento non va vista solo dal lato degli studi, ma anche dal lato religioso, infatti negli annali dell'Ordine pubblicati nel 178, a cura di P. Andrea di Paternò, vi è scritto che nel convento vissero uomini di santa vita come P. Alessio da Randazzo e fr. Giuseppe da Limina.


Il convento conobbe anche giorni tristi. Nell'anno 1866, anno della  tanto deprecata soppessione degli ordini religiosi, come tutti i conventi, anche questo di Adernò subì tante disgrazie, tra cui quella di essere stato dimenticato dai religiosi paesani, i quali non volendo tornare nell'Ordine, non si preoccuparono di far riaprire il convento, che rimase chiuso fino al 1877.


Poi per 10, anni divenne asilo di mendicità e la selva fu ceduta alla Congregazione di Carità; ma nel 1888 l'asilo di mendicità fu trasportato nella sede dell'ospedale, e il convento rimase nuovamente vuoto. La popolazione devota ai Cappuccini si mosse facendo delle suppliche alle autorità ecclesiastiche e civili per avere di nuovo i religiosi. Per benevolenza del M.R.P. Francesco da Montemaggiore, Provinciale di quel tempo, con proposta del sindaco Avv. Inzerilli, d'accordo con il compianto Prevosto Petronio Russo, si pensò di far restituire alla Congregazione di Carità la selva e il convento a favore dei frati.


Nel 1899 venne stipulato un contratto secondo il quale il comune cedeva ai frati lo spiazzale della Chiesa e la selva ad enfiteusi perpetua. I frati si impossessarono definitivamente del convento nel 1900 e i primi religiosi furono: P. Paolo e fr. Salvatore di Adrano; P. Paolo  si dedicò al restauro del convento, unì il portico con la Chiesa, restaurò la Chiesa e il coro ornandolo con pitture semplici. Egli con il consenso dei superiori, permise al Sig. Avv. Miraglia da Catania di costruire un tunnel nella selva previo pagamento del sottosuolo ed indennizo dei danni subiti, e fece costruire un pozzo  per poter attingere acqua ad uso domestico.


un altro frate degno di nota fu il P. Luigi da Valledolmo, vicario di questo convento; egli con la cooperazione dei fedeli convertì lo spiazzale in Via Crucis, piantando degli alberi per adornare l'entrata del convento (ma venne in parte distrutta per mancanza di vigilanza da parte delle autorità civili). Per la costruzione della Via Crucis, il portone che immetteva nella selva venne spostato e collocato sulla strada nazionale, da ciò nacque  una disputa tra il comune e i Cappuccini; sindaco di quel tempo era il Cav. Reale , egli mostrò tutto l'odio che nutriva verso le opere religiose, e, preso il pretesto della erigenda Via Crucis, voleva impugnare l'atto del convento per poter cacciare i cappuccini dal paese; ma non potendo attuare il suo proposito, sfogò il suo odio impedendo i lavori della Via Crucis, anche se i frati avevano già ottenuto l'autorizzazione dell'ufficio tecnico di Catania.


Il Sindaco, nonostante avesse fatto ricorso al Pretore, dovette arrendersi perché in torto e da allora i frati non furono più molestati. Dal 1907 al 1908 successe il guardiano P. Mariano che comprò l'armonium che tutt'ora esiste dall'amministratore della nobile famiglia Guzzardi di Adrano; questo harmonium apparteneva alla Chiesa di S. Antonio, di proprietà della stessa famiglia Guzzardi; il P. Mariano perì insieme ad altri confratelli nel terremoto di Messina del 1908. Nel 1909 fu eletto guardiano P. Francesco Liati, che ha lasciato il ricordo della bella costruzione del pulpito fatto dall'artista Michelangelo Inzerilli.


Nel 1911 il paese fu colpito dall'epidemia del colera e i religiosi si dedicarono con spirito di abnegazione al servizio degli ammalati.
il 1914 è l'anno della guerra mondiale e i frati fecero il loro dovere nel difendere la patria, lasciando vuoti i conventi. Il flagello della guerra ebbe fine nel 1918 e anche i frati ritornarono ai loro conventi, L'anno successivo il presidente del convento fu P. Alessandro da Castelbuono, il quale ebbe la iattura di vede convertito in lazzaretto il proprio convento a causa dell'epidemia di vaiolo che nel 1920 fece strage nella nostra città; i frati temporaneamente furono costretti a trasferirsi nei locali della Chiesa di S. Francesco, nell'ex convento dei Frati Minori Osservanti. 
Cessata l'epidemia i religiosi tornarono al convento ed ebbero dal comune 500 Lire per  restauri e le disinfezioni. Con questi soldi si comprarono le sedie per la Chiesa, e la bella statua di Carta pesta di S. Francesco.


Nel 1925 fu fatto nuovamente presidente P. Paolo, il quale dovette occuparsi di pagare la tassa di successione per la morte dell'ex-provinciale P. Francesco già proprietario del convento e della selva. Inutili furono i ricorsi; successivamente ad altri restauri, i locali dell'ex-libreria furono dati in affitto al nucleo dei carabinieri, le 2100  lire pagate servirono a pagare l'alta tassa di successione per la morte di P. Giuseppe da Pettineo. FU restaurata anche la cappella dell'Addolorata, la statua fu decorata da artisti di Lecce.


La signora Picardi comprò di sua iniziativa i quadri di gesso a rilievo della Via Crucis, mentre i fedeli vollero che questi fossero adornati con dei braccioli d'ottone fuso dorato, in questi misero le candele elettriche.


Nell'anno 1926 il Podestà Chiavaro volle occupare parte della selva per la costruzione dello stradale di Circonvallazione (l'attuale via Catania), i superiori di allora furono deboli e cedettero il terreno gratuitamente per avere dal Comune il beneficio di non pagare la tassa di miglioria per l'avvenire e il permesso di poter dar parte del terreno a caseggiato.
Intanto la selva, che era stata donata fin dalla fondazione del convento, gelosamente custodita dai frati per 3 secoli, a causa di questo stradale venne guastata e deformata; a questo disastro si aggiunse anche la soppressione religiosa da parte della Santa Sede, I conventi soppressi furono molti nella provincia furono quelli di Giarre, Bronte, Paternò, Adrano, Francavilla, Pettineo, Tusa, e Madonna dell'Olio.


I religiosi non erano certo contenti di questa decisione, e di adoperarono affinchè nel loro convento potesse rimanere almeno un sacerdote; rimase P. Paolo e il convento non fu abbandonato. Nel 1929 P. Paolo fu trasferito a Bronte, gli succedette fino al 1931 P. Bernardino di Catania; il nuovo provinciale P. Domenico da Troina, fece tornare bel convento P. Paolo e P. Alfonso ; P. Paolo, trovando il convento in condizioni disastrose, si mise al lavoro per i restauri più urgenti, ma ammalatosi, morì nel 1932. Rimasto solo P. Alfonso si occupò del riconoscimento giuridico del convento; per ottenere il suo scopo si adoperò alla restaurazione generale del convento con i soldi che era riuscito a raccogliere, Ma nel 1932 si verificò un inconveniente igienico. La signora Olivieri di Biancavilla, proprietaria delle case attigue al convento, chiuse abusivamente le finestre della sepoltura. Per mancanza d'aria i cadaveri mummificati caddero a terra, provocando una gran puzza, e i fedeli che si recavano in Chiesa erano costretti a respirare un'aria malsana. Per eliminare questo inconveniente bisognava trasportare i cadaveri e riaprire le finestre affinché nello stanzone entrasse aria e luce: P. ALfonso ottenne ciò e le finestre furono riaperte.


P. Alfonso iniziò nella sua Chiesa la devozione al S. Cuore di Gesù, e fece pervenire dalla ditta Rosa di Roma la bella statua fu pagata dal nipote di P. Paolo, mentre nella cappelletta dell'altare del crocifisso fu costruita con l'obolo dei fedeli e il Crocifisso fu trasportato  all'altare di S. Fedele, mentre si demoliva la parete si scoprì una nicchia che probabilmente aveva contenuto un'altra statua. P. Alfonso per l'opera di restaurazione fatta al convento si meritò le lodi del Provinciale  P. Bernardino da Gangi, che venne in visita nel nostro paese, egli si adoperò per la riapertura giuridica del convento, che riaprì o battenti il 18 maggio 1935 con una bella cerimonia. Fu nominato guardiano P. Alfonso che ottenne la concessione gratuita dell'acqua potabile; il 17 marzo 1940 P. Alfonso lasciò l'amministrazione al Vicario P. Gesualdo da Castelbuono, perché gravemente ammalato, spirò il 22 marzo del 1940.


Mel 1943 arrivò nel convento P. Dionigi La Mela, che era stato cappellano militare nel 1940, e un altro frate che fece il suo ingresso nel convento in quell'anno gu P. Carlo, zelante predicatore che rilanciò il terz'ordine maschile e femminile che vrebbe in numero e qualità. Nel 1948 P. Dionigi collaborò alla propaganda contro il P.C.I. e per l'occasione dipinse tre quadri nella Chiesa dello Spirito Santo; nel 1949 fu chiamato a Messina per la decorazione di 15 quadri dei Misteri, e 6 quadri altarini  e battistero nella nuova Chiesa Madonna di Pompei.
Mel 1950 P. Giambasstista raccolse il denaro per restaurare la Chiesa che fu pavimentata con marmo; la vecchia balaustra in legno fu sostituita da quella in marmo; fu ripulito l'altare, la custodia e la cornice del grande quadro.
Nel 1961 con l'arrivo di P. Emilio si pensò di dare alla Chiesa un nuovo prospetto creando un pronao come corpo avanzato col quale la Chiesa e i tre vani sopra il pronao potessero affacciarsi sulla piazza.
Il vecchio prospetto era indietro rispetto alle case attigue; il progetto venne affidato all' architetto Arena, ma non piacque ai superiori perché troppo moderno e in contrasto con lo stile della Chiesa e della piazza. Alcuni mesi dopo P. Dionigi presentò un suo progetto, che fu approvato dai superiori; l'esecuzione di una prima parte dei lavori fu affidata ai costruttori Badalati e Nicolosi.
L'anno 1969 fu dedicato alla preparazione per l'erezione della Chiesa e parrocchia; la pedana dell'altare maggiore fu ingrandita per accogliervi l'altare rivolto al popolo.
Il 1° gennaio 1970l'arcivescovo L. Bentivoglio dichiarò eretta a parrocchia la Chiesa, che venne dedicata a "S. Maria degli Angeli"; la Chiesa inizialmente era stata dedicata all'Immacolata, ma si credette opportuno cambiare il titolo per evitare equivoci con l'altra parrocchia dedicata a S. Francesco e all'Immacolata.
Dopo l a proclamazione della parrocchia, venne nominato primo parroco P. Dionigi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Convento Anni 50


Convento anno 2008


Cimitero (1608)


Anno 2008