Bosco di Pratofiorito

 (di Angelo Abbadessa)

Premessa

       Era il plenilunio di un mese d’agosto di parecchi anni addietro quando un amico mi ha parlato di questa fattoria, sistemata in una grande “dagala” etnea da anni in stato di completo abbandono, la quale lo aveva tanto affascinato da propormi,  per subito, una escursione notturna.

La luna con il suo chiarore argenteo illuminava l’imponente fabbricato proiettando l’ombra sul grande spaizzale; un religioso silenzio avvolgeva il tutto, rotto di tanto in tanto dal nostro sommesso parlare.

Ci siamo avviati lungo la strabella che tagliava il fondo rustico fino ad arrivare sotto a due monti, i quali, anche se era notte, si presentavano intensamente coperti di vegetaione.

Così una breve, ma inaspettata visita, mi ha poratao ad una interessante ricerca su questa zona della nostra pineta.

BOSCO di CENTORBI                              MASSERIA di PRATO FIORITO

 

La ricerca prende lo spunto dalla omonima Masseria, che, dopo una fiorente e opulenta attività agricola negli ultimi decenni del secolo XIX e nella prima parte del 1900, alla fine della seconda guerra mondiale è stata del tutto abbandonata e solo da pochi anni con i nuovi proprietari “Coltivatori Riuniti – Azienda Agricola a Coltivazione Biologica –“ si trova in avanzata fase di restauro finalizzato a creare colture biologiche con annesse attività di agroturismo.

Ma prima di entrare nei dettagli, ritorna opportuno rifare, per sommi capi, la storia dei boschi di Adrano.

Le zone occidentali etnee, salvo poche estensioni di terreni, erano di proprietà del Principe di Paternò e coperte da fitta vegetazione.

Una classificazione dei Boschi dell'Etna si ricava da una relazione di Salvatore Scuderi, membro dell'Accademia Gioenia di Catania, tenuta in tre sedute nel 1825, nella quale , dopo una premessa nella quale viene introdotto l'argomento, relativamente al Bosco di Adernò e Biancavilla, si legge: "Egli è questo per avventura uno dei migliori e dei più rari boschi della regione selvosa, ove si mira all'estensione del suo suolo, alla quantità e varietà dei suoi alberi, alla sua vigorosa e florida vegetazione: Perciocché, toccando per ovest il confine del bosco di Bronte, e per est quello di Paternò, percorre in lunghezza uno spazio di miglia otto, e dilatandosi fino alla terza regione per nord, ed a vigneti della regione piemontese per sud, segna una linea di cinque miglia. E in così vasto spazio sorgono di tratto in tratto molti estinti vulcani, che vuoto alcun o menomazione non cagionano all'integrità di quelle foltissime selve, coverte come sono di più maniere di alberi, da cima a piede. Onde non è da meravigliare se possono in esse noverasi 397.120 pini selvatici, 154.228 querci ed elci, e 6845 faggi: il che non è al certo frequente nelle altre selve dell'Etna. Ora, se la superficie di quel suolo scemata, direi quasi, non fosse dalle lave, ben più copiosa produzione darebbe; sentoché i terreni superstiti, accogliendo fra le ghiaje e le ceneri vulcaniche molti elementi di argilla, e, che più importa, molte sostanze in stato di decomposizione, in sommo grado idonei riescono alla fecondazione delle piante. Ma perché più distinta contezza se ne abbia, egli è d'uopo avvertire, che ne quella superficie estesa salme 3843 è da distribuirsi come segue:

Lave                                                   Salme   1124.

Terreno senza alberi                          Salm.     457.

       "      a querci ed elci                    Salm.   1062.

       "      a pini selvatici                     Salm.   1150.

       "      a faggi                                 Salm.       50.

                                        Totale       Salm.   3843.

 

Gli abitanti sì di Adernò, che di Biancavilla van tuttodì in questo bosco, onde quei diritti di uso esercitarvi, che cennato abbiamo per gli altri boschi in pro di altri municipi. Costoro han con particolar nome significato alcune parti di esso, com'è a dire: Ruvolita, PAOLOFIORITO Feliciusa, Pirainita, Pinita, ed altri. Poca è poi la distanza da esso bosco a' mentovati comuni; ma molta, e da miglia venti in venticinque, fino al mare: Né proprietario il Pricipe di Paternò.

Altre notizie si possono ricavare da quanto riportato da Giovanni Sangiorgio Mazza nella "Storia di Adernò" (1820), il quale, a pag.279, dice: Otre l'Etna, fra gli alti monti vi sono: il Fontanelli, il Salicio, Il Colombo, il Frumento, il Vitolli, l'Arveni, Bocca di Fuoco, Pumicia, Intralio, Gallobianco, Gioco, (San) Giuseppe, Minardo, Alto e il Peloso. Tutti questi monti sono selvosi, alberati, cioè di querce, elci, pioppi, volgarmente detti albanelli, e di una sorprendente estensione di alti pini. Nella contrada, cosi detta della Stagliata vi è il Castagneto del Barone D. Filadelfio Ciancio, di cui abbiamo altrove fatte parole. L'ordine, l'altezza, e la rettitudine de' grandi fusti di questi alberi, la cui verzura non permette che il raggio solare penetri quel delizioso suolo in tempo d'està, non che la vista del mare di Catania, che si scopre come fosse vicino, e la vaghezza dell'esteso e variato orizzonte lo rendono come oggetto d'ammirazione. Tutte queste terre sono atte al pascolo, escluse quelle coperte di viva lava.

Un'altra descrizione dei boschi della Contea di Adernò si ha in un estratto di un verbale di pignoramento dei boschi appartenenti agli Eredi del Principe di Paternò del ventotto aprile 1800trentaquattro, nel quale viene citatato il Bosco di Paolo Fiorito. In esso si legge:  " Le terre che compongono il bosco della Contea di Adernò, Biancavilla e Centorbi sono della estensione di salme quattromiladuecento circa di cielo e campio della legale misura delle quali ve ne sono salme 2800 circa scairose, e salme 1400 circa fra terre boschive, coperte di alberi di zappini, ilici, e quercie, ruvoli e pochi faggi, terre di pascolo e piccola parte di terre nello stato di coltura. Dette terre boschive vengono divise in diversi membri, che si denominano a principiare di levante e finire in quella di tramontana così Ruvolo Grosso, Forcato, Guzzolita, Praiuita, Filiciusa, Edera, Timpone, Sciare, Turchino, Intralio, PAOLO FIORITO, Nespola, tavola di Monte Minardo. Su dette terre boschive i singoli dei Comuni Adernò, Biancavilla e Centorbi hanno diritto di pascere in tempi stabiliti e di legnare e carbonizzare nei sudetti boschi nei tempi, quali diritti e qualunque altro per legge gli potrebbe appartenere restar debbono illesi a favore degli stessi nonostante il presente processo o verbale di pignaramento, né per esso i singoli sudetti acquistare possono dei diritti, che non gli possono forse competere. Le dette terre boschive confinano per levante con le terre boschive del Principato di Paternò, per mezzogiorno colle vigne della contrada Delli Monaci possesse da diverse persone, castagneto del sig, Ciancio di Adernò, vigne del monastero di Santa Chiara di Adernò, vigne del barone Guzzardi di Adernò, e vigne del dott. Giuseppe Russo di Adernò. Per ponente colle vigne del barone Mineo di Adernò, colle vigne del dottor D. Antonino Guzzardello di Adernò, vigne nominate della Scaletta, vigne del barone Murabito, e terre del monastero di Santa Lucia di Adernò. Per tramontana colle stesse terre di Santa Lucia, colla finaita che divide il bosco di Bronte o per di meglio dal castello nominato di Aci, e metà del monte di Minardo, ove esistono gli alberi, giacché l'altra metà senza alberi appartiene al bosco di Bronte".

Da quanto riportato si può rilevare l'importanza che riveste il bosco nella civiltà contadina dei secoli trascorsi; infatti la parte boschiva e i pascoli costituivano elementi indispensabili per la sussistenza e per la sopravvivenza delle popolazioni che vivevano alle falde dell'Etna.

Il legno costituiva una importante componente nella costruzione degli edifici, nella fabbricazione di mobili e suppellettili e, soprattutto serviva per cucinare i cibi e per il riscaldamento, insieme ad un suo derivato, il carbone vegetale. Per questa importanza, lo sfruttamento di queste risorse veniva regolato da norme e consuetudini al fine di non depauperare un patrimonio così prezioso.

La ripartizione delle terre, compresi i boschi dell'Etna, appartenenti ai fondi degli eredi del Principe di Paternò, fra i comuni di Adernò, Biancavilla e Centorbi, come risulta dai numerosi atti, è stata alquanto laboriosa e si è protratta per parecchi decenni senza arrivare ad una soluzione definitiva, poichè gli interessi di parte erano considerevoli.

Incaricato di mettere ordine nelle controversie dei tre comuni è stato chiamato il signor cavaliere Gioacchino La Lumia, presidente della Gran Corte Civile di Catania (rescritto reale del 23 gennaio 1837).

Il comune di Adernò chiede al presidente La Lumia di nominare uno o più periti, i quali, sulla base della decisione del 13 aprile 1837, procedano alla ripartizione del patrimonio indiviso tenendo conto de " la cresciuta popolazione della Comune di Adernò, e quindi l'aumento dei bisogni in ragione della stessa, con l'esorbitante numero di animali, che viene giustificato con documento legale, e senza tener conto di altri elementi irregolari, ed estranei; attribuire, ed assegnare alla sudetta Comune di Adernò una porzione di essi beni più vantaggiosi delle altre due popolazioni, aventi minor numero di abitanti, e perciò minori bisogni, e pochissimi animali".

Il comune di Biancavilla propone la ripartizione delle terre e dei boschi con il seguente criterio: "al comune di Biancavilla quattro e otto duodecimi (4.8/12), al comune di Adernò quattro, e sette duodecimi (4.7/12); al comune di Centorbi due e nove duodecimi (2.9/12). (*) E quindi nominare uno, o tre periti per eseguire la detta divisione attribuendo ad ogni quota il valore sulle basi di produzione, e sempre assegnando le terre nella parte più vicina allo abitato delle dette Comuni".

Il comune di Centorbi chiede di " nominare uno, o più periti ad oggetto di assegnare una intera terza parte di tutti i demani comunali provenienti dallo scioglimento delle promiscuità cogli Eredi di Paternò al comune di Centorbi". I fondi e le terre da dividerre sono elencati in 13 punti; al punto 8 si legge : "i boschi dell'Etna accantonati alle predette Comuni".

Per l'esecuzione del distacco e per i compensi il presidente La Lumia si è avvalso della relazione dei periti architetti D. Francesco de Angelis, D. Gaetano Paola Magrì, D. Giacomo Maria Lombardo e delle relazioni del professore Lorenzo Maddem, dell'Università di Catania.

Nella relazione dei tre periti, datata 20 luglio 1842, sui boschi da dividere si legge: " confinano a

a levante con quelle del Principato di Paternò, a mezzogiorno con vigne, a ponente con la ruvoleta, e stato di Bronte ed a settentrione con i boschi di detto stato.

 La loro estensione comprese le lave è di salme 3400. Le così dette scoperte poi che formano l'ultima regione dell'Etna non vi sono calcolate, essendo non atte a vegetazione.

 Da dette salme 3400, dedotte le nude lave ed i letti dei torrenti in salme 880, restano di netto salme 2520 (*) valutabili cioè in terre rase atte alla semina di segale, che formano una prima regione di essi boschi e che sono le migliori per il deposito della scomposizione degli esseri organici, nella quantità di salme 300, che valutato ad onze venti la salma importano onze seimila. Terre di seconda classe coperte da querce e pochi pini atti benanco alla semina di segale in salme 500 che valutate, con gli alberi di quercia atti soltanto a legna per foco e carboni e non a costruzioni perché mutilati, ad onze quaranta la salma, importano onze ventimille. Terre di terza classe coperte di selva cedua ed elici in salme 100, le quali si valutano con gli alberi ad onze ventiquattro la salma, importano onze duemille quattrocento. Terre di quarta classe coperte da soli pini, unica pianta che vi resiste, e poch'erba in salme 500 che valutate con gli alberi ad onze cinquanta la salma, importano onze venticinquemille. Terre dell'ultima classe che costituiscono là così detta Fagheta, e le lavi pascolanti in salme millecentoventi che ad onze due la salma importano onze duemiladuecento quaranta". Il tutto assomma a onze 55.640, pari a 166.920 ducati.

 

(*) Ancora non è in uso comune il sistema decimale come si evince dai demominatori delle frazioni e dalla somma delle varie parti da dividere che portano al n.12 (dozzinna).

 

Il presidente La Lumia, con il suo arbitrato del 27 dicembre 1843, approvato da S.M. (D.G.) con sovrano rescritto del 23 marzo 1844, scrive: " ordiniamo che ai tre comuni di Adernò, Centorbi, e Biancavilla, in sodisfo di tutti gli usi compensabili, che i rispettivi abitanti hanno prim'ora esercitato nei boschi, si attribuiscano sul valore totale di detti boschi calcolato in ducati 166.920 pari ad onze 55.640". E ancora: "ordiniamo inoltre che i Boschi della Contea di Adernò da noi assegnati agli anzidetti tre comuni col nostro arbitramento del 27 dicembre 18quarantatre in onze trentaquattro mille, siano divisi fra detti comuni in proporzione del numero dei rispettivi abitanti, ritenendo la seguente numerazione, cioè: per Adernò 11319, per Biancavilla 10700 e per Centorbi 7968 compresi in quest'ultima cifra i 1460 centuripini sparsi nelle vicine campagne. Questa divisione sarà eseguita in modo che concili i maggiori vantaggi delle rispettive popolazioni, evitando che gli abitanti di un comune passino sulla parte attribuita a quella degli altri. Lo accantonamento in tal guisa si rende agevole a tutte le classi della cennata popolazione e specialmente a quella più povera ed indigente, la quale o sulle spalle, o con meschini somari va a prendere legna, o per bruciare o per venderla in accatto del pane per al giornata. Per la esecuzione di siffatto incarico nominiamo interlocuriamente il professore D. Lorenzo Maddem il quale prestato pria il giuramento nelle nostre mani si recherà sui luoghi, ed ivi tenendo presente i documenti e i rilievi delle parte prodotte, e che potranno prodursi, apporrà i segni divisori, distendendo di tutto distinta relazione, che depositerà presso il nostro cancelliere Sig. D. Francesco Testaì Ioppolo".

Il professore Maddem, nella relazione,depositata il 3 dicembre 1853, avente come titolo "Rapporto intorno il riassetto nell'ex Feudo Paportello, lo assegno ne' boschi della Contea di Adernò e le terre usurpate in essi", nella parte "lo assegno dei boschi", fa una dettagliata descrizione dei terreni e dei boschi da ripartire e quindi riprende la relazione dei periti de Angelis, Magrì e Lombardo riportando le classificazioni delle terre, l'estensione in salme e il valore in onze.

Indi riferisce:  la estensione ed il valore del bosco dietro  la mensurazione da me fatta giusta i confini indicatemi da pratici incaricati dalle parti ed il valore stabilito dai primi periti risulta: superficie totale salme duemilaquattrocentonovantuno e mezzo,

1° suolo inutile                       .salme   582

2°     "     utile                         .salme  1902.2

Totale                                     salme  2491.2

così suddivise:

 

 1°) lave con pochi e rudi pascoli salme 742.2 valutate a onze2 a salma sommano onze 1495;

2°) terre rase salme 168 a onze 20 a salma importano onze 3360;

 3°) terre con rade querce salme 334 a 40 0nze a salme ammontano a onze 13360;

 4°) elci di prima classe salme 100 a 24 onze a salma, elci di seconda classe salme 50 a 10 onze a salma sommano in tutto 2900 onze;

5°) pini salme 510 a onze 50 per salma sommano onze 25500. Ragione per cui la differenza nell'estensione è salme novecento otto e bisacce due; nel valore onze novemila e venticinque".

Per l'accantonamento il professore Maddem riprende la decisione del cavaliere La Lumia: ".....eseguirà (il perito) lo assegno nei luoghi più prossimi all'abitato; e laddove tornerà più utile ai bisogni e alla comodità degli abitanti il farlo in altro punto resta egli autorizzato a praticarlo”.

Su queste indicazioni, dopo un'attenta analisi anche sulla valutazione del legname da costruzione, quello da ardere, sui terreni lavici, coltivabili e per pascolo, il professore Maddem scrive: " alle comune di Adernò e Centorbi o' assegnato la sezione settentrionale: Confina da sol cadente con terre coltivate, e strade, da settentrione col territorio di Bronte,da oriente e mezzodì colla sezione assegnata agli eredi. Contiene vaste estensioni di lave, parte inutile, parte con radi e tenui pascoli, la selva cedua ed elci, poche querce, il rimanente bosco di pini. A Biancavilla è assegnata la sezione che si appoggia al confine di mezzodì, fino alle terre coltivate, per cui occupa parte del confine occidentale: è limitata da mezzogiorno dal torrente che divide i boschi della Contea da quelli del Principato e poche terre coltivate; da ponente con terre coltivate, il rimanente colla sezione assegnata agli Eredi. In essa sono, alla parte bassa, terre rase, indi poche querce, il rimanente suolo coperto da pini e poche lave inutili. Agli eredi è assegnata la parte bassa......" I tre comuni hanno chiesto concordamente che fosse staccata la sezione di Biancavilla e la sezione congiunta appartenente a Centorbi e Adernò.

Dai riquadri analitici si evince la seguente ripartizione: (relazione del 10 gennaio 1845):

assegnati a Biancavilla salme 291.2 per il valore di onze 9865;

asseganti ad Adernò e Centorbi salme 1449.1 per il valore dionze  18620

Totale                           salme1740.3   pari a onze  28485

assegnati agli Eredi      salme 564.5   pari a onze  18130

 

Si legge ancora nella relazione: " sulle terre assegnate non è permesso aprire tratteggi a piacimento. Laonde è necessario conservare le vie, i sentieri per lo accesso degli uomini, degli animali, e per trascinare il legname da costruzione, come trovansi al presente".

Gli stessi criteri valgono per l'uso delle fosse per la conservazione delle nevi (niveri).

L'ultima notazione si preoccupa di non alterare lo "status" dei boschi con nuovi interventi che modificherebbero l'impianto dei servizi e quindi l'equilibrio che è stato raggiunto nel tempo. Le indicazioni, però, viste in chiave moderna, rappresentano un pacchetto di raccomandazioni finalizzate alla conservazione e al rispetto della natura. Così, oltre un secolo fa, si possono cogliere gli elementi che oggi rappresentano le norme di legge per la tutela dell'ambiente (vedi la Legge Regionale n.98/81).

Relativamente alle usurpazioni, verificatesi nel tempo da parte dei privati sui terreni della Contea di Adernò, il professore Maddem dice di non essere in grado di stabilire esattamente le estensioni dei terreni acquisiti arbitrariamente, i confini ed i nomi degli attuali usurpatori, perchè alcuni terreni che erano stati usurpati sono stati in seguito abbandonati e nuovamente ricoperti dalla vegetazione naturale, altri sono passati ad altri possessori.

Comunque nella relazione, sulla base delle informazioni fornite dai tre comuni, viene riportato un quadro analitico delle terre usurpate, in cui sono indicati i nomi delle ditte, la contrada, l'estensione e il relativo valore.

"Le terre usurpate stanno ai lembi inferiori dei boschi lungo i confini di occidente e mezzodì nelle regioni suscettive di coltivazione".

In conclusione troviamo riportato: " il numero dei recenti usurpatori de' Comuni di Adernò e Biancavilla ascende a n.141. L'estensione delle terre usurpate a salme 140.1.3 ; il valore di queste terre a onze 2502.26.11.4.

Nella ripartizione fra i Comuni e gli Eredi si ha:

A favore delle tre Comuni                      onze  1529.13.5

       "      degli Eredi                              onze  973.13.6.4

Epilogo delle somme assegnate ai Boschi della Contea:

Alle Comuni: nei boschi propriamente detti onze 28485

 nelle terre usurpate                                onze 1529.13.5

                                                Totale onze  30014.13.5

Agli Eredi: nei boschi propriamente detti onze    18130

 nelle terre usurpate                           onze    973.13.6.4

                                            Totale onze  19103.13.6.4.

 

Nella stessa sentenza della Suprema Corte di Giustizia del 27.12.1843 il giudice La Lumia, con una eloquente e dotta dissertazione, nella quale viene descritto lo "status" dei terreni e dei boschi a partire dalla fondazione da parte dei Greci, di Adranon e Centuripe, passando attraverso l'occupazione romana, l'invasione saracena, il dominio dei Normanni-Svevi, l'investitura elargita sulla Contea di Adernò e il territorio di Centorbi da parte di Re Martino del 10 giugno 1398 ad Antonio Montecateno e la successiva del Re Alfonso a Guglielmo Raimondo Montecateno del 10 maggio 1454, dimostra che i Boschi della Contea non sono da considerarsi beni feudali nè proprietà dei Comuni interessati. In un passaggio si legge:

"che nella specie le cose dianze discorse, escudendo la pruova di una esclusiva proprietà comunale di boschi, non era dato nei cancelli dello stato possessorio pronunziarne per nessun verso la demanialità universale".

E ancora:

"considerando che dagli infiniti documenti esistenti nel processo, sorge limpidamente essersi dai successivi Conti di Adernò sin dal privilegio di Re Alfonso posseduti sempre i boschi, di cui è Contea, come demanio exfeudale sottoposto agli usi dei singoli, prima delle due Comuni Adernò e Centorbi, e poscia anche dei popolani di Biancavilla surta dopo l'infeudazione".

Ma la diatriba tra i tre Comuni e gli Eredi è continuata negli anni come si evince da una sentenza del Cavaliere Martorana Carmelo della Corte Suprema di Palermo, emessa in data 4 luglio 1856, nella quale in un punto si legge:

".......pronunciando diffinitivamente, e senza arrestario a tutt'altre dimande di detti Comuni contrarie alle presenti statuizioni, che rigettiamo, ordiniamo che la divisione di detti demani, ordinata dalla sentenza arbitramentale emessa dal Cavaliere D. Gioacchino La Lumia nel 4 Gennaio 1848 ed approvata con sovrano rescritto del 19 Aprile 1852, si esegua nel seguente modo: pei i tenimenti non boschivi, giusta il primo modo di divisione progettato dal perito Dottore D. Lorenzo Maddem nella relazione del 13 Dicembre 1853.............; che pei boschi la divisione si esegua ai sensi della prima maniera che il medesimo Perito colla detta relazione propone. Ordiniamo quindi che dietro la superiore approvazione della presente nostra sentenza, il medesimo Perito Sig. Dottore Lorenzo Maddem si rechi nei luoghi coll'assistenza della parti, se lo vogliano, e farsi apporre alla di lui direzione, ed a secondo delle statuizioni di sopra, i segni divisori delle rispettive porzioni delle nominate tre Comuni. Condanniamo le dette Comuni corrispondere in una terza parte per ciascuna le spese tutte del presente giudizio".

Si ritiene interessante riportare anche il quadro riguardante i terreni non boschivi da ripartire fra i comuni di Adernò, Biancavilla e Centorbi per effetto dello scioglimento della promiscuità con gli Eredi del Principe di Paternò, come si evince dalla " divisione arbitramentale del dì quattro Gennaio 18quarantotto superiormente approvata.... I tenimenti non boschi da dividere fra le tre Comuni dietro i documenti sono espressi nel seguente specchio":

n progr

denom.

salme

Bisacce

tomoli

mondelli

carozze

quarti

quartigli

onze

tarì

grani

ducati

1

gelosia

159

3

1

2

2

2

2

2.380

 

 

7.140

2

criscinotto

159

1

1

2

2

 

 

2.560

 

 

7.680

3

san lorenzo

270

 

 

 

 

 

 

5.180

 

 

15.540

4

bagni

35

1

1

2

2

1

1

726

 

 

2.178

5

marmora e minnè

35

1

3

1

2

 

 

792

 

 

2.376

6

signali

19

2

2

 

 

 

 

396

 

 

1.188

7

paportello

761

1

 

1

 

2

 

14.175

10

 

45.526

8

poggio di vaca (*)

 

 

 

 

 

 

 

8.790

10

 

26.371

9

cavallaccio

119

1

3

 

3

2

2

12.618

10

 

37.855

10

scirfi

64

1

2

 

2

1

 

8.000

 

 

24.000

11

poggio rosso

62

3

 

3

 

 

 

4.715

 

 

14.145

12

canneto

4

 

2

2

 

 

 

1.097

 

 

3.291

 

(*)stimato onze 8790

 

 

 

 

 

 

tot.

61.430

 

 

184.290

 La necessità di vendere la parte di bosco spettante al Comune di Centuripe si trova in un atto notarile datato trentuno Agosto milleottocentosettantacinque, nel quale si legge che, a seguitodel nuovo esercizio della strada ferrata Catenanuova-Catania, ritorna utile costruire "una strada stabile per mettere in comunicazione il Comune di Centuripe con la stazione di Catenanuova; anzicchenò siffatta strada veniva dall'Autorità superiore dichiarata obbligatoria, denominandosi strada dell'Unione. Si redigeva l'analogo piano d'arte, e se ne stabiliva la spesa occorrente. Ma l'Amministrazione Comunale mancava di mezzi e per averli deliberava in seduta 2 Settembre milleottocentosettanta di alienare il Bosco spettante a questo Comune posto al Monte Etna territorio di Adernò". La relativa asta pubblica rimaneva deserta per ben due volte, sebbene, con varie delibere del Consiglio Comunale, si rinunciava ai 400 alberi di pino già martellati, si riduceva il prezzo di vendita, si dilazionavano i pagamenti e il Comune si accollava l'onere dell'eventuale prosecuzione della lite con il Comune di Bronte, fino a quando, il 6 Maggio 1875, si presentava il Signor Mario Grecuzzo fu Gaetano da Catania, il quale, per persone da nominare, offriva per l'acquisto del Bosco la somma di lire settantaseimilacinquecento. Il 25 Maggio dello stesso anno, il Dottor D. Vito Di Marco presentava un'offerta più vantaggiosa rispetto a quella del Signor Grecuzzo, la quale è stata fissata come base d'asta. Nell'asta pubblica del 31 Luglio 1875 il Bosco rimaneva provvisoriamente assegnato, al prezzo di lire settantaseimilacinquecentocinquantuno al Dottor D. Vito Di Marco pro persona da nominare, come migliore offerente, il quale restava aggiudicatario definitivo il 17 Agosto dello stesso anno. Nel medesimo atto si legge: Nominava il Signor D. Vito Di Marco con atto presso me Notaro lì diciannove Agosto morente in termini di registrazione per aggiuticatosi del predetto Bosco, sé stesso per tre ottave, il di lui fratello D. Buonaventura per due ottave, i di lui nipoti D. Rosario, D. Francesco e D. Vito fratelli Di Marco per due ottave, e finalmente il di lui fratello Dottor D. Nunzio per l'altra ottava dell'intero Bosco". Nel contratto d'acquisto viene riportata l'estensione secondo la perizia redatta dall'ingegnere professore D. Lorenzo Maddem del 3 Dicembre 1853, la quale è definita in ettari ottocentocinque, are cinquantotto e centiare ventisei, di cui coltivabili ettari 52,38,77, pari a salme 461,2,0,2,3,0, della misura legale abolita di Sicilia.

Dopo la descrizione dei confini (“posto esso Bosco nel Monte Etna, territorio di Adernò, confinante col Bosco di detto Comune di Adernò, col Bosco del Signor Michele Castorina, col Bosco del Comune di Bronte , e col Bosco del Signor Duca di Ferrantina, annotato all’articolo del catasto fondiario del Comune di Adernò), il contratto definisce la provenienza dell'immobile edilizio esistente nel Bosco, il quale pervenne al Comune per effetto dello scioglimento delle promiscuità. Detto immobile costituisce il primo nucleo di quello che diventerà in seguito la "Masseria di Pratofiorito" ed è ancora oggi ben identificabile. Il pagamento è stato effettuato con lire 30.617 alla data del contratto e lire 45.934 in due rate uguali, l'una a dodici mesi e l'altra a diciotto mesi dalla stipula del contratto.

 

Dal contratto risultano evidenti due punti:

1)      già prima del trasferimento del Bosco da parte del Comune di Centuripe ai signori Di Marco, oltre 52 ettari di terreno, all’interno di una grande “dagala”, erano stati disboscati  e posti a colture;

2)      esisteva già un fabbricato per le necessività legate alla conduzione di un fondo così esteso.

E’fuori dubbio che i Di Marco, dopo l’acquisto, hanno eseguito importanti lavori di sistemazione del terreno, le cui tracce sono ancora evidenti, ma soprattutto hanno ampliato il fabbricato esistente con ampi locali destinati ai vari usi e necessità del fondo, quali palmento, cantine, stalle, locali destinati a deposito.

Il maggiore e consistente ampliamento si è avuto durante la Prima Guerra mondiale, utilizzando come manodopera i prigionieri austriaci che erano allocati in Adrano nei locali del Monastero di Santa Lucia.

Infatti, questi sono stati utilizzati dai proprietari terrieri per i lavori in agricoltura e, come nel nostra caso, in edilizia, dal momento che tutte le giovani forze lavorative locali erano impegnati al fronte.

Il fabbicato, che fa da primo piano ai verdi coni vulcanici dei monti Peloso e Sellato, si sviluppa tutto a piano terra a vari livelli di quota (vedi cantina, palmento e contenitore per il mosto) su di una superfice coperta di oltre 1.200 mq.

Il preminente impianto agricolo, che copriva la quasi totalità della superfice coltivabile, era quello viticolo, sicuramente con viti adatte a qelle quote, come si evince dall’impiantodel palmento, dalla elevata capacità del contenitore per la raccolta del mosto e dalla grandezza dei locali destinati alla conservazione dei vini.

Sull’ampio spazio antistante l’intero fabbricato sono state ricavate due ampie cisterne in pietra, frutto dell’ampiamento della struttura..

Una delibera del Commissario Prefettizio De Maria Enrico, del 21 febbraio 1920, indica un importante intervento relativo alla sistemazione della strada che da Fossa San Vito  raggiunge il possedimento di Paolo Fiorito. La delibera recita: "consentire che il Cav Vito De Marco sistemi a tutte sue spese e senza alcun compenso o rimborso da parte di questo Comune la strada comunale mulattiera, riducendola rotabile da Fossa San Vito al tenimento Paolo Fiorito, occupando senza alcun compenso i tratti di terreno sciaroso di proprietà di questo Comune, occorrenti per lo allargamento e per le varianti necessari alla sistemazione di detta strada, giusta il progetto presentato. Assumere la manutenzione ordinaria di detta strada, a partire dalla provinciale Adernò-Bronte in contrada Naviccia sino alla contrada Paolo Fiorito, tosto ché essa sarà completamente sistemata e ridotta in ottimo stato di carreggiabilità". In una successiva delibera del 20.9.1920, si fa riferimento al costo dell'opera : "ritenuto di incoraggiare l'interessato disposto a spendere 60.000 lire per la costruzione della strada a uso pubblico, che mette in comunicazione la strada provinciale Adernò-Bronte colla regione boschiva ricca di vigneti, frutteti, di legno che non facilmente possansi trasportare in paese".

In tal modo la vecchia trazzera diventa carrabile, permettendo il trasporto della ricca produzione agricola e forestale della zona a mezzo del classico carretto.

Come già detto all'inizio, il fondo con la relativa costruzione è stato abbandonato dopo la seconda guerra mondiale, a tal punto da essere utilizzato solo a pascolo. Il fabbricato è stato saccheggiato da vandali e dai ladri che hanno asportato anche la vite del torchio del grande palmento ricavata da un tronco d'albero; solo negli anni ’90 ha subito, soprattutto nella copertura del tetto, una radicale risistemazione.

Il 4 maggio 1978, con una istanza rivolta al Sindaco del tempo, il Commendatore Di Marco Cav. Nunzio, chiede l'autorizzazione necessaria affinché, a proprie spese, possa attendere alla sistemazione della suddetta strada effettuandone la ripavimentazione mediante conglomerato bitumoso. L'autorizzazione, dietro relazione da parte dell'Ufficio Tecnico Comunale, viene data a condizione "di non avere nessuna pretesa di natura privatistica".

I lavori iniziano nell'estate del 1979, ma nel novembre dello stesso anno, una accorata istanza da parte di un certo Sig. Paolo Rossi (forse cognome e nome fittizi) rivolta al Sindaco di Adrano, al Pretore di Adrano, al Procuratore della Repubblica di Catania, all'Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Catania e all'Associazione "Italia Nostra" di Roma, che si articola in quattro pagine formato protocollo, richiama l'attenzione dell'Amministrazione Comunale a vigilare affinché la nuova sistemazione della strada non sia finalizzata ad una selvaggia lottizzazione a soli scopi speculativi, come è avvenuto per le contrade Marina, Sicilò, Valle delle Sirene, Filiciusa, Quazarana, etc.

Il sospetto è così enunciato: "il fondo "Bosco Pratofiorito (*) è un ex vigneto, abbandonato ed incolto, della estensione di circa 80 ettari, circondato da una corona di monti, incuneato e circondato dal territorio del demanio forestale regionale. Un luogo ameno, paesaggisticamente splendido e caratteristico, e comunque saldamente ed armoniosamente inserito nel contesto di un ampio paesaggio, più unico che raro, uno dei pochi rimasti indenni dalla nefanda opera dell'uomo. Zona tipica e peculiare per la flora e fauna nostrana. Ebbene questa plaga è destinata a non sfuggire agli appetiti di chi concepisce la terra come una semplice piattaforma per innalzarvi solo case da week-end. Non si spiegherebbe, diversamente, il costo di una strada di montagna (circa £.200.000.000), se non come presupposto necessario per il conseguimento di quello scopo".

La Legge Regionale n.98 del 6 maggio 1981 e il relativo regolamento, D.P.R.S. del 17 marzo 1987, hanno individuato nella zona di Prato Fiorito il “punto base”, n.5.

Le caratteristiche legate ad un punto base sono definite come: “piccole aree di modeste dimensioni, finalizzate ad incrementare l’escursionismo e rendere, di conseguenza, più viva la fruizione del Parco, nonché per garantire un equilibrato impatto ambientale con il consistente e diversificato flusso turistico”.

(*) E' la prima volta che il nome di Paolo Fiorito viene trasformato in Pratofiorito.

 

Cenni di geologia dell’area “Casa del Bosco di Prato Fiorito

 

La grande “dagala” di Prato Fiorito, contrariamente alle aree limitrofe, è caratterizzata, per l’intera lunghezza, circa ml.1200, e per l’intera larghezza, circa ml. 500 da pendenze tra 0 e 5% segno che questa area da tempi remoti è stat risparmiata da colate laviche e quindi sottoposta a forte erosione, sia pluviale che meccanica.

Essa giace al limite tra una serie di colate laviche, prevalentemente non datate, a morfologia superficiale ben conservata e tra la stratificazione sottostante di colate difficilmente delimitabili e a morfologia superficiale degradata.

Nelle immediate vicinanze più a sud, ad una distanza non superiore a 300 metri, si nota la colata lavica del 1595, considerata la più estesa colata lavica dell’aera della tavoletta I.G.M. “Monte Minardo” a scala 1:25000, occupandone la parte centrale ed attraversandola da NE a SW e per questo denominata e conosciuta da tutti come la “Grande Lava”. Essa ha avuto origine da diversi punti di emissione provenienti, i più significativi, da Monte Gallo e da Monte Intraleo, che verso valle formano poi un unico corpo lavico.

Resta da notare come, nonostante l’area di Casa Bosco di Prato Fiorito fosse allineata ad un’asse di eruzione molto attivo, avente pressoché direzione W-E, e comprendente da Ovest verso Est i coni di Monte Minardo, Monte Peloso, Monte Sellato, Monte Intraleo, Monte Gallo, Monte Testa, Monte Albano e Monte Vituddi, sia stata risparmiata dalle colate laviche, caratterizzandone, da un punto di vista paesaggistico e naturalistico, l’area, che da secoli è stata oggetto di colture fruttifere e massimamente viticole

Conclusione

Il presente e soprattutto il futuro sono strettamente legati  al passato come supporto per progredire, per migliorare la condizione umana sia materialmente che spiritualmente.

La storia di una comunità è specificatamente legata al suo territorio sul quale hanno vissuto ed operato tutte la generazioni passate, utilizzando tutte le risorse che i luoghi hanno messo a loro disposizione e che con il loro ingegno hanno saputo valorizzare e ottimizzare.

La breve ricerca sui nostri boschi, con particolare riguardo al Bosco di Centorbi e alla Masseria Prato Fiorito, si propone di mettere un piccolo tassello nella storia del nostro territorio al quale la Natura ha offerto tutti gli elementi naturali da farne uno degli angoli più belli della nostra terra.

Ancora oggi, chi abita in questo territorio ha l’opportunità di percorrere le piste in terra, contrassegnate da muretti a secco all’interno del Parco di questa zona, inoltrarsi nelle fitta e variegata vegetazione arborea, respirare a pieni polmoni l’aria ossigenata arricchita dall’intenso profumo dei pini, ascoltare nel silenzio della Natura il leggero fruscio dei pioppi tremuli, ammirare gli antichissimi coni vulcanici che costelleno la zona, notare il contrasto fra l’intenso verde della fascia vegetativa e il profondo nero delle brulle sabbie vulcaniche, fermarsi a fissare la massiccia mole etnea, che con i suoi oltre tre mila metri di altitudine, si staglia netta nell’azzurro cielo della nostra Sicilia.

 

 

Note

Documenti allegati all’atto d’acquisto:

1)        Perizia divisoria redatta dall’ingegnere professore D. Lorenzo Maddem del 3 dicembre 1853;

2)       - Lodo del presidente della Gran Corte Civile di Catania Cavaliere D. Gioacchino La Lumia, del 18 gennaio 1854;

3)       Lodo del presidente Cavaliere Carmelo Martorana della Corte Superiore di Palermo del 4 luglio 1856;

4)       Regio Decreto di Vitt. Emanuele II del 31 gennaio 1871 col quale il bosco demaniale del Comune di Centurie è riconosciuto alienabile;

5)       Delibera del Consiglio Comunale di Centuripe  del 4 maggio 1861 (capitolato d’oneri per la vendita del Bosco Etna nel quale  fra l’altro vista la relazione del professore Maddem del 3 dicembre 1853 che valutava il bosco in once 7.415, pari a £. 94.591,25, considerata la detta stima ideale e non reale se confrontata con quella di altri fondi identici si delibera di fissare il prezzo di vendita in £. 189.082,50, pari a onze 14.830);

6)       Delibera del Consiglio Comunale di Centuripe  del 9 giugno 1861 (richiesta di autorizzazione alla Deputazione Provinciale per la vendita del Bosco Etna e utilizzare il rivavo per la costruzione della Strada dell’Unione che da Centuripe  conduce alla stazione ferroviaria di Catenanuova);

7)       Delibera del Consiglio Comunale di Centuripe  del 6 maggio 1874 (assunzione da parte del comune di Centuripe  della controversia con il Comune di Bronte per alterazione dei limiti boschivi);

8)       Delibera del Consiglio Comunale di Centuripe  del 9 ottobre 1874 (delazione di due anni al pagamento del prezzo d’asta per la vendita del Bosco Etna);

9)       Delibera del Consiglio Comunale di Centuripe  del 6 maggio 1875 (accettazione dell’offerta del Sig. Grecuzzo e preparazione asta pubblica per migliore offerta);

10)   Delibera del Consiglio Comunale del 26 maggio 1875 (accettazione dell’offerta del dottore Vito Di Marco che presenta vantaggi rispetto a quella del Sig. grecizzo);

11)   Asvviso d’asta del 6 luglio 1875;

12)   Avviso per miglioria del 1 agosto 1875;

13)   Attestazione del 17 agosto 1875 con la quale il dott. Vito di Marco resta “giudicatario definitivo” dell’acqisto del Bosco Etna.

 

del Prof. Angelo Abbadessa

Prof. Angelo Abbadessa