Adrano e la Vale del SImeto: miti e storia

 

 Adrano è legata alla Valle del Simeto nei miti e nella storia; infatti in questa parte del fiume si sono succedute nei millenni,a partire dal paleolitico, popolazioni che si sono stabilite nel territorio, dove gli elementi della Natura erano particolarmente appariscenti ed invitanti (l’Etna innevato, l’abbondanza delle acque del fiume, le tanti sorgenti d’acqua, una rigogliosa flora e una ricca fauna, nonché un’importante fonte di approvvigionamento ittico).

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La zona veniva raggiunta sia attraverso il corso del Simeto, allora navigabile fino a Barcavecchia, sotto Adrano, sia attraverso il fiume Alcantara.
Il progetto si propone di ripercorrere, per sommi capi, gli avvenimenti e le testimonianze legate alla protostoria e alla storia di queste popolazioni e delle tracce che, ancora oggi, provano la loro presenza nella Valle.
Una testimonianza di uomini del Paleolitico si ha attraverso il rinvenimento di strumenti litici di selce e quarzite per la caccia in contrada Barcavecchia, su un terrazzo fluviale sotto Adrano.aderno immagine
In una zona vicina (località Fontanazza), nell’area dell’attuale Centrale Solare, nel 1971, una èquipe di archeologi ha individuato un accampamento preistorico composto da due zone; in una venivano scheggiate le pietre per ricavarne strumenti di caccia e di difesa e nell’altra avveniva la macellazione degli animali cacciati.
E’ nel Neolitico che le genti s’insediano stabilmente nella zona, perché questa, oltre a fornire abbondante fauna e prodotti della ricca e spontanea flora, era, per la fertilità del terreno, la mitezza del clima e per l’abbondanza delle acque sorgive, favorevole ed adatta all’agricoltura, alla pastorizia e all’arte della ceramica (vedi gli interessanti reperti custoditi nel Museo Archeologica di Adrano).
Ma già nella prima metà del 2° millennio av. C. giunge in zona nuova gente che conosce le tecniche per ricavare vari strumenti dal rame: inizia l’età dei metalli.
La più importante testimonianza di questo periodo nella Valle è data dalla “Città del Mendolito”.

Dall’Italia centrale trasmigrarono in Sicilia numerose popolazioni, tra il XI e il X secolo av. C., le quali s’insediarono sia lungo le coste, che nell’immediato entro terra; furono
costoro i Siculi, i quali, con ogni probabilità, sfruttando la navigabilità di allora del Simeto, si stabilirono su di una balza del fiume, costruendo una importante città, che aspetta ancora di essere completamente scoperta e che gli archeologi hanno chiamata “Città del Mendolito” dal nome della zona.
L’esistenza della città si deve alle ispezioni condotte da Paolo Orsi, il quale, alla fine del 1800, chiamato dal prevosto Salvatore Petronio Russo, localizzò il sito, che successivamente, nella prima metà del XX secolo, fu oggetto di campagne di scavi che portarono alla importante scoperta della porta sud della città, difesa da due torrioni e con una epigrafe in piietra calcarea inserita nel muro di destra recante una interessantissima iscrizione in lingua sicula.
Nella parte alta della città, che si estendeva per circa 60 ettari, Paolo Orsi ha scoperto il famoso “ripostiglio bronzeo” costituito da circa 800 kg. di bronzo, una parte lavorata e la rimanente grezza.
Un’interessante indizio sul mondo umano, religioso, civile ed economico degli abitatori siculi del “Mendolito” lo si trova nel poema di Virgilio, che parladi Enea, il quale aveva reclutato il figlio di Arcente che era stato educato nel bosco sacro di Marte (o della Dea Madre) nell’area vicina al Simeto dove c’era “l’ara pingue e benevola del Dio Palico”.
La maggior parte dei reperti della “Città del Mendolito” si trovano nel Museo di Siracusa, ma anche il Museo Archeologico di Adrano possiede importanti ritrovamenti. Fra tutti i reperti siracusani spicca la famosa statuetta del “Kouros”, che rappresenta un robusto efebo, nudo interamente e dalle muscolature atleticamente robuste. adrano_miti
Importanti dal punto di vista archeologico sono le tombe a “tholos” (ne rimangono solo due), probabilmente usate in prima istanza nel neolitico e poi successivamente riutilizzate dai Siculi per le proprie sepolture. Questi incenerivano i corpi dei propri defunti. Proprio vicino alla “Città del Mendolito”, esiste un esemplare unico nella Sicilia orientale di architettura araba: è il cosiddetto “Ponte dei Saraceni”.
Sicuramente il sito è stato utilizzato per attraversare il Simeto sin dalla preistoria e sicuramente dai Romani, poiché il ponte era l’unico collegamento con il centro della Sicilia, chiamato il granaio di Roma.
Anche i Saraceni ritennero opportuno costruire in zona un Villaggio, chiamato “Pulichel”, poiché questo sito, oltre alla fertilità del terreno era la via che da Messina
portava a Palermo attraverso la rocca araba di Troina.
Un documento importante della, presenza araba, anche dopo la loro cacciata, è dato dall’atto di donazione, stipulato il 15 maggio 1158, dalla contessa Adelicia, nipote del Gran Conte Ruggero la sorgente delle Favare, le cui acque  insieme ad altre sono state portate al di là del fiume per irrigare il feudo di Ragona attraverso una grande opera di ingegneria realizzata verso la fine del Settecento con il Ponte di Biscari.
Poco sopra il Ponte dei Saraceni nei millenni le acque del fiume hanno scavato nelle lave del Mongibello antico un profondo e stretto solco, dando luogo alle Gole del Simeto.

Ancora un suggestivo posto è la Valle delle Muse, dove si può ancora d’Altavilla, a favore del Monastero dei Benedettini di Santa Lucia.
Lungo il fiume la contessa fondò la chiesa di S. Maria e quella di S. Domenica, rispettivamente sulla sponda sinistra in contrada Pulichello, nella Valle della Muse e l’altra sulla sponda destra in contrada Sciarone.
In seguito il culto di S. Domenica fu trasferito, per opportunità, sulla sponda sinistra, dove oggi esistono ancora i ruderi della chiesa. La tradizione vuole che le due chiese
sono state costruite sopra i ruderi dei templi dedicate a Marte e ad Ercole.
Altri segni testimoniano la presenza umana nella zona, come la scritta in greco incisa dalle prime comunità cristiane sulla pietra lavica che sovrasta vedere una grande roccia con incisi dei gradoni, dove la leggenda colloca il posto di riunione delle Muse.
Gli elementi della Natura presenti nella zona, il fiume ricco d’acque e di sorgenti, il colosso dell’Etna, la ricca vegetazione non potevano non stimolare la fantasia degli antichi abitatori, così miti e leggende fanno parte del fiume Simeto.
Il dio Adrano rapisce e fa sua la ninfa Talia, dall’unione nascono due gemelli; la madre, per evitare la eventuale ira di Giunone, si rivolge alla Madre Terra, la quale comprende l’angoscia della madre, ingoia e sotterra i due gemelli e, dopo un lungo cammino sotterraneo, li riporta alla luce, trasformandoli in sorgenti: quella chiara e  quella scura. Si tramanda che dinanzi alle suddette fonti avessero luogo delle cerimonie di purificazione, simili ai “giudizio di Dio” del Medioevo.
I due gemelli riportati alla luce prendono il nome di Dei Palici dal greco “palin” “di nuovo”.

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Non lontano dalle fonti, doveva sorgere il tempio dedicato a queste divinità, dove esisteva un’ara, in primo tempo definita “implacabile” (cioè con sacrifici umani) e successivamente “placabile” (cioè benevola verso i fedeli).
Nel V° secolo av. C. Ducezio e i suoi seguaci chiesero protezione ai gemelli Palici e si rifugiarono dentro il tempio per sfuggire ai nemici.
Un’altra leggenda legata al Simeto si riferisce alle strette gole che nella fantasia popolare vengono chiamate “salto del pecoraio” a significare che l’ardore amoroso del giovane pastore era così incontenibile che per raggiungere più presto possibile la
sua innamorata saltava il fiume proprio nel punto più stretto delle gole.
A corredo del fascino che il fiume e la sua vallata hanno prodotto nella fantasia degli antichi abitatori, scrittori e poeti di tutti le epoche hanno lasciato tracce scritte su questo fiume:
- I sec.av. C. Virgilio: “Eneide”, libro IX
- 1154 Al Idrisi: “Il libro di Ruggero”
- 1738 P. Onorato Colonn a : “ Adrano Redivivo”
- 1815 - Giuseppe Recupero: “Storianaturale e generale dell’Etna”
- 1820 Giovanni Sangiorgio Mazza: “Storia di Adernò”
- 1873 F. Barquelot: “La Sicilia”
- Rocco Pi rri: “ Sicilia Sacra”
- A . Paternò Castello : “ Nicosia, Troina, Sperlinga, Adernò”

di Angelo Abbadessa

 

 

 

 

Prof. A. Abbadessa

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