'A Maculatedda
L'artistica fontana legata al nome di Giovanni Petronio Russo
In un vecchio elenco di vie
cittadine del 1866 la nostra piazza, così da noi
chiamata perché sull’edificio fontanile domina la
statua dell’Immacolata, era chiamata, in discordanza
con la sua piccola estensione, “Piazza Maggiore” ed
in essa non esisteva nessuna fontana.
La storia delle acque che, fino a poco tempo
addietro, scaturivano dalle bocche dei tre leoni,
artisticamente scolpiti dalle nostre maestranze, è
legata ad una sorgente la cui storia ci è stata
descritta da prevosto Salvatore Petronio Russo, il
quale, a pag. 181 della sua pubblicazione,
“Illustrazione storico-Archeologica di Adernò”, così
ci riferisce: “Nel 1867, il Comune, a principio
dell’abitato nord-Est, sul cominciare del quartiere
Patellaro, rinveniva una ricca sorgente d’acqua: sin
d’allora, poco distante dalla sorgente, si fecero un
abbeveratoio di animali e due fontanelle (oggi
cancellate dall’ignoranza e dalla insipienza dei
pubblici amministratori degli anni passati).
Era ardente desiderio di tutti i cittadini si fosse
diffuso ad altri quartieri, sottostanti e
principali, il bene di altre fontanelle.
Da ogni consiglio, che si succedeva, promettevasi di
attuare un tal disegno; ma l’enormità della spesa
non fece mai attuare il desiderato bene.
Nel luglio del 1884 il colera
invase terribilmente Adernò; il Dr. Cervello,
inviato da Governo, osservava sul luogo che la
deplorata strage si doveva all’uso dell’acqua dei
pozzi per filtramento delle latrine e che il
quartiere di Patellaro, tuttoché più sudicio e
miserabile del rimanente nella città, era esente del
male, perché usava dell’acqua della sorgente.
Quindi consigliava efficacemente la
continuazione delle fontanelle nei successivi
quartieri”. Il costo per una conduttura in
ferro assommava a lire 13.000, costo molto elevato
per allora.
Si inserisce a questo punto il nostro concittadino
Giovanni Petronio Russo il quale, con un progetto
ardimentoso, eseguisce la conduttura addirittura
fino a piazza Maggiore al costo di sole lire 6.300,
denaro raccolto con elargizioni ed offerte (£. 5.000
da parte delle città di Ferrara e Siena, £. 1.000
prelevate dalle casse comunali e £. 500 chieste come
prestito personale dallo stesso Petronio Russo alla
banca Rotcfiled, allora presente in Adernò.
Mentre erano passati oltre venti anni senza che
nulla succedesse per la realizzazione dell’opera, in
soli ventidue giorni, l’acqua sgorgava dalle
fontanelle di piazza dell’Erba e da piazza Maggiore.
Il comm. Norega, già inviato in Adernò dal
Ministero, ritornando nel paese, nel vedere l’opera
ultimata, abbraccia Giovanni e lo saluta: “Vero
salvatore della patria”.
Ai quattro lati del dato che sovrastava le bocche
d’acque “perché rifulga la verità storica e abbiano
una nota di riconoscenza imperitura i cittadini e
gli altri personaggi stranieri che elargirono
soccorso ad un popolo morente, si apposero quattro
lapidi marmoree”.
Alla sommità, in un solo mese , il Petronio Russo da
una rozza statua di marmo, scolpì, “non senza grande
sorpresa, una linda statua dell’Immacolata che
abbella il grazioso dato.
Sconfitto il colera, gli amministratori, rientrati
in città, accusarono Giovanni Petronio Russo di
illeciti amministrativi e soprattutto di aver
utilizzato il denaro comunale per scolpire quelle
lapidi in cui primeggiava il suo nome.
Le lapidi furono sostituite con 11 voti favorevoli e
10 contrari in una seduta del consiglio comunale del
31 maggio 1888.
Il Comitato Promotore Giovanni Petronio Russo,
costituito da Nino Sidoti e da tanti altri
cittadini, il 31 maggio del 1998, ha risistemato le
lapidi originali in un lato della piazza al fine di
ripristinare la verità storica dell’evento luttuoso.
Prof. Angelo Abbadessa