I Siculi
Nostri lontani antenati che hanno popolato la città del Mendolito
Le vicende della protostoria del
nostro territorio risalgono a parecchie migliaia di
anni fa e, quindi, lontane nel tempo, ma, senza
dubbio, sono legate alla posizione geografica e
topografica dei nostri siti ed particolarmente alla
valle del fiume Simeto, sulle cui sponde
approdarono, si insediarono e prosperarono, per
parecchi secoli, queste popolazioni di immigrati,
che vennero chiamati Siculi.
Il golfo di Catania, nel quale sbocca il Simeto,
allora facile via di penetrazione verso l’interno,
il massiccio dell’Etna con le sue nevi, fonti di
approvvigionamento idrico, il clima mite e una
rigogliosa vegetazione, accompagnata da una ricca
fauna, sono stati tutti elementi favorevoli agli
insediamenti di molte popolazioni.
I Siculi, sicuramente, hanno utilizzato per fondare
la loro città un sito già occupato da altra gente,
forse sin dal neolitico.
Ormai è da tempo accertato che la
loro provenienza è quella italica ed, ancora prima
da popolazioni indoeuropee in trasferimento verso
ovest.
Ritornando al sito dove è sorta la loro città,
ancora senza nome proprio, questo ad ovest era
protetto dal fiume Simeto, mentre il resto era
protetto da una cinta muraria, che ha garantito per
secoli il progredire di questa civiltà esperta nel
lavorare il bronzo.
Nel gioco di queste emigrazioni verso il sud
dell’Italia vengono parecchi popoli, fra cui: gli
Aborigeni, vicini agli Umbri (non si sa se fossero
una popolazione nativa della Penisola, oppure coloni
degli Umbri, quindi, in ogni caso, barbari, cioè
stranieri, oppure Greci emigrati dall’Arcadia molte
generazioni prima della guerra di Troia; il Pelasgi,
alleati degli Aborigeni, provenienti originariamente
dalla zona di Argo (avrebbero preso il nome dal re
Pelasgo).
Il sito di Roma, il Lazio ed altre parti dell’Italia
(come i territori di Falerii e di Fescennium ed
alcuni siti del Piceno e dell’Etruria) sarebbero
stati abitati originariamente dai Siculi, una
popolazione indigena barbara; in seguito sarebbero
sopraggiunti gli Aborigeni, che avrebbero cacciato i
Siculi dai loro abitati fortificati, compreso quello
sul monte Saturnio (la terra dei Siculi è anche
chiamata Saturnia, prima dell’arrivo dei Pelasgi,
quindi è possibile che il culto di Saturnio avrebbe
potuto essere stato introdotto da questi indigeni).
Queste nuove popolazioni si sarebbero stabiliti fra
il fiume Tevere e fiume Liri.
Nella guerra contro i Siculi, alleati degli
Aborigeni sarebbe stati i Pelasgli, che, in seguito
ad una forte siccità (due generazioni prima della
guerra di Troia, intorno al 1247) decimati da una
pestilenza, dispersi, infine, sarebbero stati
assorbiti dagli Aborigeni.
Quando fosse realmente avvenuta la
cacciata dei Siculi dal sito di Roma e del Lazio si
ignorava. Ma si sapeva che i Siculi, spinti da altre
popolazioni della Penisola, avrebbero finito per
passare in Sicilia tre generazioni ed ottanta anni
prima della guerra di Troia (intorno al 1274 o al
1273), oppure nel ventesimo anno del sacerdozio di
Alcione di Argo, che avrebbe regnato ad Argo fra il
1313 e il 1267.
A guidare i Siculi sarebbe stato il re Siculo
eponimo della sua gente, che sarebbe stato cacciato
da Roma e che avrebbe poi condiviso il regno di
Morgante, figlio di Italo, immaginato nelle attuali
Calabria e Basilicata. Un’altra versione faceva di
Siculo il figlio di Italo.
Era nota anche una seconda emigrazione, avvenuta
molti anni dopo la guerra di Troia, circa trecento
anni prima che i Greci sbarcassero in Sicilia
(intorno al 1033), quindi centocinquanta anni dopo
la caduta di Troia. Questa spedizione sarebbe stata
guidata da un capo chiamato Patrono.
Siamo nell’IX secolo a. C., con ogni probabilità,
sono stati i siculi di questa immigrazione ad
occupare il sito dove nacque e si sviluppò la
Città del Mendolito.
Da queste notizie non risulta il nome di Adrano che
alcuni, come il Bouchart designarono come il duce
che condusse il suo popolo nella Sicilia Orientale e
che per le sue grandi gesta ed importanti imprese fu
in seguito divinizzato ed addirittura di fece parte
dei quaranta dei del Campidoglio.
Prof. Angelo Abbadessa